Sabato 11 novembre 2000 si è tenuto a Milano il primo incontro -dei
cinque programmati- di un seminario organizzato dalle Associazioni che
hanno sede presso l'Unione Femminile Nazionale: la Fondazione Elvira Badaracco,
l'Unione Femminile, gli Archivi Riuniti delle Donne, Crinali, l'Associazione
per una Libera Università delle Donne.
In questa occasione è
stato presentato il libro di Lea Melandri dal titolo
Una visceralità
indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli
anni Settanta , che inaugura una collana di testi, editi dalla Fondazione,
volta a riproporre criticamente il patrimonio di idee, riflessioni e consapevolezze
emerse nel femminismo di trent'anni fa.
Due iniziative forti e propositive, dettate da domande che si fanno sempre
più urgenti nel nostro attuale panorama culturale, sociale e politico:
può il femminismo degli anni Settanta essere una chiave di interpretazione
del nostro modello di civiltà e, in tal caso, come rilanciare e
rendere operante oggi la radicalità del punto di vista espresso
allora ?
In una sala costantemente sovraffollata dal mattino alla sera - segno
che le nostre sedi si fanno sempre più piccole di fronte al desiderio
di confronto e riflessione collettiva - la coordinatrice Melandri e le
relatrici hanno riferito sugli aspetti di continuità e rottura
rispetto alle consapevolezze acquisite in quegli anni da quelle di noi
che sono state allora protagoniste, trasmesse nel frattempo alle giovani
donne di oggi.
E' innegabile, avverte Melandri, che, rispetto alla grande ricchezza e
profondità di analisi, c'è stato da parte nostra un difetto
di elaborazione teorica di quel rivoluzionario 'spostamento di campo'
che fu il passaggio da una lettura del rapporto tra i sessi in chiave
puramente storico-sociale ad un'analisi sul piano del vissuto, delle vite
personali e di conseguenza del carico di sogni, fantasie, desideri, paure,
compensazioni che vivono le donne e gli uomini; ottica che ha chiamato
in causa il terreno dell'inconscio, oltre che quello della coscienza e
della volontà, e del loro intreccio.
Ci è mancata così la capacità di tradurre in sapere
politico le acquisizioni allora maturate, di qui la necessità di
riflettere collettivamente su quella esperienza, per vedere quali difficoltà
abbiamo incontrato, quali resistenze abbiamo più o meno consapevolmente
attivato, così da rendere possibile una parziale - nella
percezione di alcune delle intervenute al seminario- totale -
in altre - cancellazione di quanto acquisito nel femminismo di allora.
Urgenza, questa, che nasce dal disagio, questo sì espresso da tutte
le presenti, di fronte alle quotidiane mercificazione e spettacolarizzazione
della riproduzione, dei corpi e della sessualità, operazioni dettate
da leggi di mercato e ottenute anche con l'esibizione di fatti e questioni
una volta considerate proprie della sfera privata, che vengono ora spostate
sul versante pubblico e contemporaneamente slegate dal contesto delle
vite reali e dei vissuti delle singole e dei singoli, lasciandoci per
lo più silenziose e sgomente.
Perdendo ogni riferimento alla concreta esperienza di donne e uomini,
i temi sui quali si è esercitata la nostra insistente riflessione
trent'anni fa ci sembrano oggi estranei, anche se avvertiamo concretamente
la minaccia che vengano usati contro di noi in termini di nuove/vecchie
richieste, aspettative sociali e normative.
Spostando quindi la lettura dal passato al presente e riflettendo sull'eredità
di quel nostro passato recente la prima sorpresa è che non è
vero che non ci sia stata trasmissione, come spesso sentiamo affermare,
si tratta di individuare, pur nel cambiamento collettivo di persone e
Istituzioni, i luoghi, anche istituzionali, in cui esistono forme di continuità,
attive in molti settori ed ambiti, (Marina Zancan, della Fondazione Badaracco);
operazione a volte difficile (Paola Melchiori, di Crinali), a causa della
frantumazione e delle trasformazioni di pratiche e tematiche del femminismo
in modi e forme completamente diverse da quelle a noi consuete e, pertanto,
a prima vista irriconoscibili.
Anche Paola Redaelli concorda sulla presenza
attiva di consapevolezze femministe in esperienze diverse e numericamente
limitate, pur in uno scenario politico e sociale troppo velocemente modificatosi
dagli anni Settanta, ma critica la nostra incapacità di concettualizzare
e sperimentare nuove forme di contrattazione delle diversità, anche
tra donne, che portino ad una reale convivenza.
Manuela Fraire infine pone l'accento sull'effetto rivoluzionario del femminismo
degli anni Settanta, da lei constatato nel proprio percorso biografico
e nel lavoro analitico con donne; si sofferma pertanto sul libro della
Melandri (che presenta i materiali delle pratiche dell'autocoscienza e
dell'inconscio e le riletture attuali effettuate durante un Corso dell'Università
delle Donne) perché offre lo spunto per richiamare in modo puntuale
alcuni aspetti del femminismo degli anni Settanta e riflettere sugli esiti
per chi vi ha partecipato.
Sia Stefania Ghirardello, relatrice, che altre giovani donne, intervenute
numerose al seminario, confermano l'avvenuto passaggio di consapevolezze
femministe, che hanno vivamente influenzato scelte di vita e di lavoro
di ciascuna, pur nella propria peculiarità.
Da questi interventi viene spazzata via, se per caso fosse aleggiata nell'animo
di qualche partecipante più grande, ogni nostalgia per qualcosa
ormai perduto e irrecuperabile, al contrario, malgrado la stanchezza,
si registra al termine dell'incontro un clima abbastanza diffuso di fiducia
nella ripresa di un dibattito tra donne con vite diverse, esperienze che
nel passato si sono anche contrapposte, percorsi politici paralleli e
divergenti.
Il discorso verrà ripreso nella seconda puntata, il 27 gennaio
2001.
aggiornato
03/03/2005 |