Umano troppo umano

L'opera grafica di Kathe Kollwitz

di Antonio Maria Pecchini


Kathe Kollwitz, autoritratto


C’è nelle opere di Kathe Kollwitz, esposte da sabato 8 aprile a Palazzo Leone da Perego in Legnano, una intensità espressiva e una immediatezza emotiva che toglie il fiato. Qualsiasi osservatore che si approcci lungo l’intero cammino espressivo dell’autrice rimane senza parole. Tanto che una mostra di tal sorte, in momento così poco attento ai valori di solidarietà umana e civile, parrebbe una esposizione in controtendenza se non fosse così alto il valore contenutistico delle opere e della stessa autrice. L’uomo è il centro della sua opera, l’uomo nella sua interezza; non sono gli oggetti, le cose attorno alla vita, è l’umanità nella sua concretezza e fisicità capace d’ esprimere l’umano.

A cavallo del novecento tra una tendenza pittorica tutta centrata sull’arte, sulle cose dell’arte, come poteva apparire la ricerca impressionista o quella della Secessione viennese, una autrice come Kathe Kollwitz sceglie una rappresentazione che non si accontenta delle regole strutturali implicite nella diverse dimensione delle tele ma aspira ad un’arte comprensibile, assimilabile, popolare, che parli al cuore dell’umanità e che non appaghi i soli occhi.

Ecco allora che nel mondo dell’arte riappare in tutta la sua potenzialità espressiva la figura umana nelle sue dinamiche quotidiane. Non gli oziosi borghesi dei caffè chantant, non le imbellettate donne a riposo sui bordi della Senna ma un’umanità che va oltre alle figure di Daumier, che indaga la sofferenza dovuta dalla povertà, che mostra uomini e donne piegate dal lavoro, nell’incombenza della morte, nei suoi desideri di libertà e sete di giustizia. Quell’altra umanità che a partire dai moti del 1848 sino alla fine secondo conflitto mondiale, nel 1945, pagherà un pesante contributo di sangue e di vita per la nostra ora pacificata Europa.

Nel mostrare questa dimensione dell’esistenza Kate Kollwitz non usa alcun sentimentalismo, non immette nelle tele nessuna traccia romantica, la sua umanità mostra, in tutta la sua estensione, la violenza dell’emarginazione sociale, la disperante paura del morire, il sentimento di un bisogno troppo a lungo represso, grazie ad immagini che trasmettono pura emozione.

E se la morte resta una costante nella sua tematica pittorica e scultorea, attraversando tutta la sua opera, lo è perché sottrarre alla vita un bimbo equivale condannare al lutto, alla solitudine, alla sofferenza l’umanità intera. Sta in questa sua scelta di campo lo spirito rivoluzionario che anima la sua produzione perché scegliere di annotare fogli con storie di proteste sociali, di raccontare di disoccupazioni, di marce di donne del popolo e di contadini, non è certamente lo specchio di una visione del mondo al negativo, più semplicemente è lasciarsi coinvolgere dallo spirito d’amore, di fratellanza, per tutti quelli che attorno a lei vivono e desiderano serenità, speranza, ma che le pesanti incombenze della vita continuamente ne condizionavano l’esistenza in una dimensione di miseria, di disperazione, di fame.

Sono gli anni degli scontri tra il proletariato rurale e urbano con la prima borghesia mercantile e i soldati del Kaiser Guglielmo II, sono gli anni della prima guerra mondiale, è il tempo delle prime marce del socialnazionalismo tedesco e della fine dell’esperienza socialdemocratica, è il tempo della salita al potere degli hitleriani….In una dimensione temporale così fortemente caratterizzata da violenze, lutti, sofferenze, l’artista che ha già pagato per questa sua devozione ai suoi ideali, per questo sua attenzione e sensibilità verso i deboli, gli ultimi, i diseredati viene emarginata e gli viene tolto l’insegnamento. Non potrà far altro se non testimoniare, attraverso il suo lavoro, la condizione di quel tempo.

La mostra legnanese ci mostra i cinque cicli fondamentali della sua opera grafica a cominciare dalla rivolta dei Tessitori del 1893/97 ispirati da un pezzo teatrale di G:Hauptmann, proseguita con La guerra dei Contadini del 1902/08, con il ciclo sulla Guerra del 1921/22, con Proletariat del 1924/25 e infine con la serie sulla Morte del 1934/35

Ovunque è presente una sorte di elegia attorno alla vita che supera l’asprezza dei ritratti, la tensione dei volti, gli occhi imploranti dei bimbi, le possenti braccia che accolgono o le grosse mani che proteggono, perché alle imposizioni, ai soprusi, alla continua paura della morte quell’umanità piegata non può che contrapporre lo spirito della vita, della fratellanza, della solidarietà, del reciproco aiuto.

Una sorte di nuovo umanesimo avvolge tutta la sua opra e nel 1944, pochi mesi prima di morire le farà dire al figlio Hans e alla nuora Ottilie, l’altro figlio era morte nella I° guerra mondiale, “ Dovermi separare da voi e dai vostri figli mi è terribilmente doloroso: Ma l’inestinguibile anelito alla morte resta…Io benedico la vita che insieme a tanti dolori mi ha dato infiniti beni. E io non l’ho sprecata, ho vissuto con le mie forze migliori, vi prego solo di lasciarmi partire, il mio tempo è finito…”

Solo dopo la caduta della Germania e la riscoperta di tanta arte degenerata il mondo scopri anche la data della sua morte.


Umano troppo umano. Kathe Kollwitz “ L’opera grafica “

Palazzo Leone da Perego, Legnano

Dall’8 aprile al 25 giugno 2006

Orari: da martedì a venerdì 16.30 –19.00

Sabato 16.00 – 20.00

Domenica e festivi 10.00 -- 13.00 ---15.00 – 20.00

Info: 0331 - 471335 www.legnano.org