|  
        
        Vacche 
        sacre e mucche pazze 
        di Sara Sesti 
        
      La 
        cultura della mucca pazza si va sostituendo a quella della vacca sacra: 
        una metafora vera per tutti i paesi del mondo, non solo per l'India dove 
        da sempre la vacca è onorata in quanto simbolo del cosmo, della 
        terra, del ciclo della natura, Gli interessi dell'industria alimentare 
        si muovono ormai alla conquista di frontiere globali, imponendo forme 
        distruttive e "ingegnerizzate" di coltura, di allevamento intensivo 
        per la produzione ittica e delle carni. I risultati di questa prassi sconsiderata 
        sono già sotto gli occhi, e sotto il palato, di tutti. Distruzione 
        della bio-diversità, malattie, danni ecologici e ambientali, povertà 
        diffusa sono il frutto di scelte dettate da logiche in primo luogo economiche, 
        nell'interesse di pochi, all'oscuro dell'opinione pubblica, e sulla pelle 
        di tutti gli abitanti del pianeta. Ad essere minacciate sono le basi della 
        stessa esistenza dell'uomo.  
         
        Il piccolo saggio "Vacche sacre e mucche pazze. Il furto delle riserve 
        alimentari globali" segna una tappa importante nel percorso intellettuale 
        e pratico compiuto da Vandana Shiva, "intellettuale 
        impegnata e ambientalista militante", come lei stessa si definisce 
        nell'Introduzione al volume. In passato, la Shiva è stata una fisica 
        dalla brillante carriera nel programma di energia nucleare del suo paese, 
        professione che abbandonò nel 1987, a 38 anni, quando si rese conto 
        "che la gente era tenuta all'oscuro delle ripercussioni dei sistemi 
        nucleari sui sistemi viventi".  
         
        Da allora, la scienziata è diventata un punto di riferimento di 
        molti movimenti indiani specie di donne, contadini e pescatori - dal Chipko 
        dei primi anni 1990, quando donne e contadini si mobilitarono abbracciando 
        gli alberi della foresta himalayana per impedirne l'abbattimento, al più 
        recente Navdanya, per salvare i semi e conservare la bio-diversità, 
        alla campagna contro i raccolti e i cibi geneticamente modificati della 
        Monsanto, ai molti satyagraha (movimenti di protesta non violenta) tra 
        cui quello "dei gamberetti" per bloccare la devastazione degli 
        ecosistemi e delle comunità costiere e quello "per l'olio 
        di senape, contro l'olio di soia". Nello stesso periodo, la Shiva 
        è diventata una protagonista di primo piano anche dei movimenti 
        internazionali contro la politica della Banca mondiale, del Fondo monetario 
        internazionale e soprattutto del Wto, l'accordo internazionale sul free 
        trade e la brevettazione del vivente. Il suo nuovo libro è il quarto 
        tradotto in italiano, dopo Sopravvivere allo sviluppo (Isedi, 1990), Monocolture 
        della mente. Biodiversità, biotecnologie e agricoltura scientifica 
        (Bollati Boringhieri, 1995), Biopirateria. Il saccheggio della natura 
        e dei saperi locali (Cuen, 1999).  
         
        La copiosa produzione saggistica dell'autrice risponde all'esigenza, da 
        lei stessa dichiarata, di esplicitare le "alternative creative", 
        cioè non limitarsi a presentare la critica dell'esistente ma indicare 
        anche le soluzioni possibili. In questo libro affronta le principali problematiche 
        relative all'agricoltura, all'allevamento industriale e al commercio internazionale, 
        non limitandosi alla descrizione dei meccanismi che le governano, ma presentando 
        esperienze e saperi alternativi, praticati da milioni di persone nel Sud 
        del mondo. Seguendo questo metodo, sfugge ai rischi più comuni 
        nella saggistica di opposizione, l'ideologia e il dover essere, e raggiunge 
        gli obiettivi che le stanno a cuore, unificare teoria e pratica e mettere 
        in campo i nuovi soggetti dello scontro sociale, in questa fase, le donne 
        e i piccoli produttori agricoli. 
         
         
     |