Vandana
Shiva
(1952)

Fisica quantistica ed economista, dirige il Centro per la Scienza,
Tecnologia e Politica delle Risorse Naturali di Dehra Dun in India.
É considerata la teorica più nota di una nuova scienza:
l'ecologia sociale
Vandana
Shiva è nata a Dehra Dun, nell'India del nord da una famiglia
progressista. Ha studiato nelle università inglesi ed americane
laureandosi in fisica. Tornata a casa dopo aver terminato gli studi,
rimase traumatizzata rivedendo l'Himalaya: aveva lasciato una montagna
verde e ricca d'acqua con gente felice, poi era arrivato il cosiddetto
"aiuto" della Banca Mondiale con il progetto della costruzione
di una grande diga e quella parte dell'Himalaya era diventato un groviglio
di strade e di slum, di miseria, di polvere e smog, con gente impoverita
non solo materialmente. Decise così di abbandonare la fisica
nucleare e di dedicarsi all'ecologia.
Nel 1982
ha fondato nella sua città natale il Centro per la Scienza,
Tecnologia e Politica delle Risorse Naturali, un istituto indipendente
di ricerca che affronta i più significativi problemi dell'ecologia
sociale dei nostri tempi, in stretta collaborazione con le comunità
locali e i movimenti sociali. Vandana Shiva fa parte dell'esteso movimento
di donne che in Asia, Africa e America Latina critica le politiche
di aiuto allo sviluppo attuate dagli organismi internazionali ed indica
nuove vie alla crescita economica rispettose della cultura delle comunità
locali, che rivendicano il valore di modelli di vita diversi dall'economia
di mercato. L'incontro con le donne del movimento "Cipko",
che abbracciano i tronchi che i tagliatori stanno per abbattere nelle
foreste dell'Himalaya, ha permesso a Vandana Shiva di ampliare la
comprensione di nessi tra ecologia e femminismo.
Nel
suo libro Staying Alive: Women, Ecology and Survival, pubblicato in
Italia nel 1990 col titolo Sopravvivere allo sviluppo, la scienziata
denuncia le conseguenze disastrose che il cosiddetto "sviluppo"
ha portato nel Terzo Mondo. Lo sviluppo, o piuttosto il "malsviluppo",
come lo definisce la scienziata, anziché rispondere a bisogni
essenziali minaccia la stessa sopravvivenza del pianeta e di chi vi
abita. Le conseguenze dello "sviluppo" sono la massiccia
distruzione ambientale, un enorme indebitamento che spinge i paesi
a fare programmi di aggiustamento strutturale basati sulla scelta
di spendere meno in salute pubblica, scolarizzazione e sussistenza
rendendo la gente più povera.
Si
verifica così la distruzione di culture e di altri modi di
vivere per far posto a culture competitive il cui grado di civiltà
è dato solo dal mercato. Il danno maggiore prodotto dalla civiltà
industriale, secondo Vandana, è stata l'equazione donna-natura
e la definizione di entrambe come passive, inerti, materia prima da
manipolare. A suo avviso invece "le donne sono le depositarie
di un sapere originario, derivato da secoli di familiarità
con la terra, un sapere che la scienza moderna baconiana e maschilista
ha condannato a morte". Per il patriarcato occidentale la cultura
è altro dalla natura, dalla donna e così gli uomini
hanno creato uno sviluppo "privo del principio femminile, conservativo,
ecologico" e fondato "sullo sfruttamento delle donne e della
natura".
Nel
1991 Vandana Shiva ha fondato Navdanya, un movimento per proteggere
la diversità e l'integrità delle risorse viventi, specialmente
dei semi autoctoni (native seeds) in via di estinzione a causa della
diffusione delle coltivazioni industriali. Nella visione di Vandana
Shiva, la riproduzione femminile e la riproduzione agricola sono due
processi vitali che hanno la stessa capacità di sottrarsi e
di resistere alla mercificazione. La possibilità delle donne
di concepire e la possibilità dei semi di autogenerarsi sono
entrambi processi naturali gratuiti, dove la legge del mercato è
stata costretta a fermarsi. Ma come le donne sono state lentamente
espropriate, attraverso la scienza maschile occidentale del loro corpo
e del sapere sul loro corpo, così i contadini vengono espropriati
del sapere sui loro semi.
Nel
mondo sviluppato, il primo passo nella direzione della espropiazione
è stato proprio quello di introdurre piante sterili costruite
attraverso la biotecnologia in laboratorio, per aumentare la produttività
e, in teoria, per limitare l'uso dei pesticidi. In realtà questa
perdita di diversità biologica fa sì che le coltivazioni
siano invece molto più vulnerabili agli attacchi dei parassiti
e soprattutto costringe i coltivatori a ricomprare i semi per ogni
semina. Come se non bastasse, le multinazionali agro-chimiche si impossessano
dei semi selezionati dal lavoro millenario dei contadini del Terzo
mondo, per analizzarli e registrarli con un vero e proprio brevetto,
per rifarli in laboratorio e rivenderli a caro prezzo o obbligare
i contadini di quegli stessi paesi a pagare il "diritto d'autore"
dei semi, al momento della semina.
Anche
per aver denunciato tutto questo Vandana Shiva è stata premiata
nel 1993 con il "Right livehood award", ritenuto il Premio
Nobel alternativo.
Nello stesso anno ha scritto Monocultures of the Perspectives on Biodiversity
and Biotechnology, pubblicato in Italia col titolo Monoculture
della mente. Biodiversità, biotecnologia e agricoltura scientifica,
una raccolta di cinque saggi che riflette sulle cause della scomparsa
della diversità e sulle sfide da vincere per contrastarla.
In questo lavoro la scienziata sostiene che la diversità vivente
della natura è un'alternativa alla monocultura, all'omogeneità
e all'uniformità e corrisponde alla diversità vitale
delle culture come fonte di ricchezza.
Nei
saggi sulla biodiversità e sulla biotecnologia scritti come
documenti di lavoro per la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente
e sviluppo, Vandana Shiva denuncia gli interessi che stanno dietro
le biotecnologie, contesta che queste possano migliorare le specie
naturali e sottolinea i problemi etici ed ambientali che esse pongono.
Nel 1995 ha scritto insieme all'economista tedesca Maria Meis il libro
Ecofeminism, dimostrando ancora una volta che donne di culture
diverse possono capirsi e lavorare insieme. Nel 1999 ha pubblicato
Biopirateria. Il saccheggio della natura e dei saperi locali. E' del
2001 il testo Vacche sacre e Mucche
pazze. Il furto delle riserve alimentari globali. Altri suoi volumi tradotti in italiano: Il mondo sotto brevetto, Terra madre (Utet 2002), Le guerre dell'acqua, Dalla parte degli ultimi (Slow Food 2008), India spezzata (Il Saggiatore 2008) e Ritorno alla terra (Fazi 2009) un'analisi precisa e radicale delle tre crisi in cui siamo coinvolti: la crisi energetica, la crisi ecologica e la crisi economica. Le ultime pubblicazioni sono, Il bene comune della terra (Feltrinelli 201), Fare la pace con la terra (Feltrinelli 2012).
Vandana
Shiva è attualmente considerata la teorica più significativa
dell'ecologia sociale ed è una dei leader dell'International
Forum on Globalization.
La
biografia è tratta da Sara Sesti e Liliana Moro "Scienziate
nel tempo. 100 biografie"
Ledizioni, 2018
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