COP 21: che cosa è cambiato?

Valeria Fieramonte

Dal momento che più si sale nella scala del potere e del denaro meno il ruolo delle donne conta, nella storica conclusione dell'Accordo di Parigi a dicembre 2015 non si può dire che il loro ruolo sia stato fondamentale. Ma c'è stata senza dubbio una presenza più importante del solito, visibile sia nei ruoli di potere (Cristiana Figueres, Segolene Royal), sia nel ruolo delle ONG , sia in termini di leadership intellettuale (Naomi Klein), - per non risalire a Laura Conti, la cui genialità è stata a suo tempo molto sottovalutata.

Centrale nel raggiungimento di questo accordo – firmato da 197 paesi, in pratica la quasi totalità del mondo – è stato il fatto che è caduta quella contrapposizione tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo che aveva finora bloccato perversamente ogni vero passo in avanti.

Ogni paese ha firmato per la presentazione alla sede ONU di New York – iniziata poi ufficialmente il 22 aprile di quest'anno - dei propri INDCs ( l'acronimo inglese sta per Intended Nationally Determined Contributions , contributi nazionalmente determinati), una brutta sigla da linguaggio burocratico che tuttavia significa che ogni paese ha finalmente preso atto della necessità di fare qualcosa di concreto contro il riscaldamento climatico e per consegnare alle prossime generazioni una terra ancora vivibile.

Siccità e disboscamento, aumento degli eventi estremi, desertificazione di aree sempre più vaste, acidificazione dei mari, scioglimento dei ghiacci con conseguente rilascio nell'ambiente di gas fossili incorporati da millenni nel permafrost, e aumento del riscaldamento globale sono ormai dati che stanno entrando nella consapevolezza di vaste aree di popolazione in tutto il mondo.

Il 2017 è considerato dagli esperti il punto di non ritorno per invertire il meccanismo innescato: ma la frequenza nell'accordo di Parigi di termini come 'resilienza', mitigazione, adattamento, fa capire che sarà molto difficile, i calcoli anzi dicono impossibile, contenere l'aumento della temperatura del pianeta sotto i due gradi entro il 2030.

Anche se tutti gli INDCs venissero rispettati, cosa già di per sé difficile, mancheranno all'appello, secondo i calcoli dell'UNEP (United nations Environment Program) ancora troppe tonnellate di CO2 da togliere dall'aria del pianeta per rendere la cosa fattibile.

Troppo poco è stato fatto finora e troppo lenta nonché ancora ostacolata è infatti la trasformazione in atto.

Nell'accordo ci sono alcuni aspetti vincolanti, ovvero la comunicazione dell'impegno a ridurre CO 2 e gas climalteranti, e altri volontari, ovvero la quantità e qualità degli impegni presi. Anche sulla trasparenza e i controlli non c'è stato accordo.

Per la prima volta tuttavia un ingente flusso di capitali si sta spostando dal finanziamento delle energie fossili al finanziamento delle rinnovabili e si prevede un fondo verde da 100 miliardi di dollari l'anno ( ma per le fossili i finanziamenti sono ancora di 500 miliardi!).

Nel preambolo si è parlato di parità di genere e eguaglianza di diritti e finalmente si è riconosciuto il ruolo e l'importanza delle foreste nel produrre il vapore acqueo essenziale per la pioggia: almeno sulla carta qualcosa si muove...


1-05-2016


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