Farneto Teatro


MEDEA
di Christa Wolf


Elisabetta Vergani

 

traduzione di Anita Raja


drammaturgia e regia di Maurizio Schmidt

con Elisabetta Vergani




"Come è sottile ciò che ci siamo faticosamente guadagnati quanto a civiltà e umanità. Come è facile distruggerlo. In Medea lo si vede benissimo"
(C. Wolf - L'altra Medea)
Medea non è una fattucchiera. E tanto meno un'infanticida. Questo in sintesi, il senso del romanzo di Christa Wolf. Un'interpretazione del tutto contro corrente in quanto da Euripide a Heiner Muller il mito di Medea rappresenta l'esito di un tragico scontro tra il mondo arcaico e istintuale della Colchide e quello civile e raziocinante dei Greci. Questo perché la storia ci è nota così come ci è stata tramandata dal drammaturgo ateniese: secondo Euripide, ingannando il padre ed il fratello, Medea aiuta lo straniero Giasone a riconquistare il vello d'oro e fugge con lui a Corinto. Qui, abbandonata dal marito che medita un matrimonio di stato per ottenere il trono, incendia la città, provoca la morte della rivale e uccide infine i figli avuti da lui.
Eppure il nome stesso di Medea (dalla radice med di medicus) letteralmente significa: colei che porta giovamento. Ripercorrendo a ritroso i variegati sentieri del mito fino alle fonti precedenti a Euripide, C. Wolf rintraccia così una figura del tutto diversa: una donna travagliata dall'amore, ma ancora più dall'incapacità degli abitanti di Corinto di integrare una cultura non incline alla violenza. Non una infanticida dunque, ma una donna forte e generosa, depositaria di un remoto sapere del corpo e della terra, che una società intollerante emargina e annienta negli affetti fino a lapidarle i figli.
(Anna Chiarloni)

"In quale luogo, io? E' pensabile un mondo, un tempo, in cui io possa stare bene? Qui non c'è nessuno a cui lo possa chiedere. E questa è la risposta" (C. Wolf - Medea)
Proseguendo il suo cammino di interrogazione al mito, Farneto Teatro affronta ora - dopo Cassandra - questo altro affascinante ed impegnativo rovesciamento di punto di vista su un mito proposto dalla scrittrice tedesca.
Nel fortunato romanzo della Wolf la vicenda della donna fiera e ardente che non rappresenta l'oscuro inabissamento nell'irrazionale, ma al contrario l'archetipo della chiarezza, lo scandalo della ragione, è tratteggiata seguendo una struttura a sguardi incrociati. A parlare sono le voci, la voce di lei e le voci su di lei di altri personaggi: una sinfonia dialettica di punti di vista confliggenti costruita con sapienza dolorosa.
Il mito greco della donna travolta da una passione selvaggia e disumana rivela così in filigrana la tendenza della nostra società, soprattutto nei momenti di crisi e transizione, a cercare un capro espiatorio, spesso femminile, da destituire di ogni autorevolezza.
Medea costituisce per Farneto Teatro ed Elisabetta Vergani un altro passo nell'indagine sull'origine della violenza dopo "Un uomo è un uomo", "Arlecchino Militare" e la prosecuzione conseguente di "Cassandra". La modernità del linguaggio di questo romanzo così ricco di contrappunto è un nuovo affascinante cimento nel suo percorso.

Medea ha avuto un suo prologo con la produzione di "Lunga notte di Medea" di Corrado Alvaro per il Convegno della Fondazione Alvaro presso la Pro Civitate di Assisi nel 2001. Il nuovo spettacolo verrà prodotto in collaborazione con il Teatro del Popolo di Gallarate con un cast di attori e musicisti in via di definizione e debutterà al Teatro Verdi di Milano dal 13 al 25 marzo 2006.


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