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Negli anni dell’esilio si interroga sulle radici della violenza e del totalitarismo, sulla mancata affermazione dei principi liberali, sull’incerto futuro dell’Europa agonizzante. Interpreta con rigore e senso tragico la spiritualità spagnola che la conducono ad una concezione sacrificale della storia, dalla quale scaturisce l’esigenza di affermare in ogni circostanza l’innocenza responsabile, che segue l’ispirazione attraverso la coscienza. Nella storia e nella vita c’è bisogno di vittime pure e innocenti, perché solo così si apre un varco, un vuoto che può accogliere ciò che sta oltre, il divino, ma anche gli inferi, il demonico, il mondo labirintico e infernale delle forze originarie dell’essere. La sua grande originalità riconcilia in un’unica forma espressiva la parola poetica e la parola filosofica, ma solo recentemente è stata valorizzata. Risulta incomparabile la riscrittura dell’Antigone sofoclea in chiave filosofico-poetica, nel testo del 1967, La tomba di Antigone. Maria Zambrano torna in patria solo nel 1984, dove, nel 1988, è la prima donna che viene insignita del Premio Cervantes; muore a Madrid nel 1991. Tra
le sue opere, sono state tradotte e pubblicate in Italia: |