Biotec,
dominio sulla vita individuale
Ora, ciò è impossibile, è negato dalla modalità stessa delle applicazioni della biotecnologia che permettono oggi - se vogliamo rimanere solamente nell'ambito della legge 40 per la procreazione assistita - la fusione in vitro dell'ovulo e dello spermatozoo e, previa diagnosi di preimpianto, il successivo impianto dell'embrione nel corpo della madre. Anche se a tutto questo viene dato il consenso materno, esso riguarda, da una parte, l'impianto nel suo corpo degli embrioni che saranno risultati più idonei allo sviluppo, cioè del prodotto di un intervento esterno a lei e, dall'altra, l'utilizzo a scopi terapeutici degli embrioni soprannumerari. Quel legame naturale che lega il corpo materno al concepito, nelle applicazioni biotecnologiche non esiste: il corpo femminile rischia di divenire un vas selectionis, il contenitore di una selezione di prodotti di laboratorio, e cioè degli embrioni risultati più idonei, più sani. Non potendo in questa sede approfondire gli interrogativi morali, etici, sollevati da più parti, citerò solo alcuni dubbi espressi su queste pagine (15/1/2005) da Maddalena Gasparini, oltre che sulla proposta di sottoporre solo pochi articoli della legge 40 al referendum, anche su alcuni aspetti di natura etica. A proposito della diagnosi di preimpianto afferma autorevolmente che «la contiguità fra l'eliminazione di embrioni portatori di geni in grado di sviluppare malattie incurabili e la scelta di embrioni con alcune caratteristiche (per esempio il sesso) attualizza i timori di un ritorno all'eugenetica, seppure sotto altra forma e obbliga a definire i limiti di applicazione di questa tecnica». E riferendosi alla commercializzazione degli embrioni a scopo terapeutico, non solo parla di «enormi interessi economici» nascosti ovunque dietro a ragioni spesso solo apparentemente etiche, ma della difficoltà del reperimento del materiale embrionale terapeutico. Ricorda infatti che «per avere una sola linea di cellule staminali embrionali un'équipe sud-coreana ha avuto bisogno di 16 donne che hanno donato 242 ovociti». Mi pare che - a differenza
che negli anni 70 - non abbiamo riflettuto abbastanza dal punto di vista
etico-politico sulle applicazioni della biogenetica, che s'introduce sin
dall'inizio fra i due, corpo materno e nascituro, interviene
artificialmente in un processo naturale, modificandolo profondamente o
soppiantandolo. Non bisogna sottovalutare il sogno scientifico di
sostituirsi sempre di più alla natura. Né l'indeterminatezza dei suoi
orizzonti. questo
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Liberazione del 7 aprile 2005 |