Una nota
di Maria Grazia Campari

a proposito delle lettere di Lea Melandri e di Anita Sonego
sulla vicenda di Liberazione

 

Non mi interessa la divisione fra componenti politiche sulle sorti del giornale e neppure le modalità del loro reciproco confrontarsi, spiego perché.
Avevo inviato una riflessione all'inizio della diatriba alle donne del forum (di Rifondazione) con le quali avevo avuto a lungo rapporti politici.
Nessuna reazione da nessuna: un silenzio indifferente.

Poiché si può sempre dissentire, ma occorre farlo impegnandosi in una interlocuzione, se si assume di avere in comune una qualche propensione femminista, ho da quel comportamento tratto la considerazione di una minorità intellettuale e sentimentale causata alle donne (anche definite femministe) da un attaccamento al partito nelle sue varie articolazioni (quindi anche giornale) di stampo familistico.

L'appartenenza al soggetto/progetto maschile riempie e offusca l'orizzonte femminile.

Non mi pare diverso il caso della corrispondenza in atto che avete pubblicato.
Devo però notare che trovo molto disturbante la modalità scelta da Anita di rivolgersi polemicamente a Lea, invece di spiegare le sue motivazioni (condivisibili o meno) attraverso un ragionamento ampio che tenti una visione rivolta alla generalità di tutti i possibili interessati all'argomento.
Un modo ulteriore di restringersi in un piccolo mondo di cui personalmente non sentivo proprio l'esigenza.

 

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6 gennaio 2009