Signore in software

Inchesta
di Daniela Condorelli



C'è una parola nel linguaggio informatico che la dice lunga sull'identità di genere dell'high tech. E' "abort". Vuol dire chiudere un programma del pc senza mantenere le modifiche fatte. Quale progettista donna avrebbe mai usato un termine emotivamente così forte per un comando da dare ad una macchina? E poi ancora kill o crash oppure execute, termini aggressivi, mutuati dal gergo militare. Una sociologa, si chiama Sherry Turkle e lavora al Massachusets Institute of Technology (MIT), è convinta che questa terminologia sia una delle maggiori cause della reticenza femminile all'uso del computer.

Fino a quando l'high tech sarà dominio maschile?

Rispondere significa prima di tutto fare il punto sullo stato dell'arte. Quante donne lavorano in ambienti tecnologici? Che posizioni occupano? Che possibilità di carriera hanno? E a monte: quante stanno intraprendendo una formazione che le porterà verso l'universo tecnico?

Tra le risposte più aggiornate (2004) c'è quella di un'indagine ancora inedita firmata da Towers Perrin per Microsoft. Condotta in Europa, Medio Oriente e Africa su 15 tra le maggiori aziende high tech (tra le altre, oltre a Microsoft, Accenture, Ibm, Motorola, Intel, Nokia, Texas Instruments), la ricerca ha fotografato la presenza femminile nelle diverse famiglie professionali.

Ecco, in anteprima, i risultati:
in Italia le donne che lavorano nelle tecnologie sono il 24%. Nel top management sono il 9% (buono: negli altri settori sono solo il 5%), il 18% nelle vendite, il 53% nel marketing, il 69% nei reparti amministrativi ed il 22% in ruoli tecnici. A sorpresa il nostro è tra i Paesi con più donne nei ruoli tecnici, pari alla Svezia e superato solo da Danimarca (23%) e Irlanda (26%). Ed è proprio l'Irlanda, nel panorama europeo, il fiore all'occhiello dell'occupazione tecnologica femminile con il suo 42% di donne nelle imprese high tech. Palma d'oro per le donne nel top management, invece, va alla Grecia (26% contro una media europea del 10%). C'è ancora chi pensa che siano "cose da maschi"

In sostanza un impiegato su quattro, nelle aziende tecnologiche, è donna. Ma solo una minima parte ha un ruolo che presuppone davvero competenze tecnologiche. Perché? La segregazione formativa è ancora forte: le facoltà tecniche sono tuttora percepite come maschili. Le donne studiano di più e con risultati migliori, ma continuano a pensare di essere "portate per gli studi umanistici" come se scienza e tecnologia fossero davvero "roba da maschi". L'Istat ha fotografato per la prima volta il sorpasso rosa in tema di istruzione: nel 2003 si è diplomato l'89,8% delle donne contro l'89,5% degli uomini; il 40, 4% delle giovani frequenta gli Atenei contro il 31,2% dei maschietti. E sono anche più brave: 8,9% è il tasso di bocciature dei ragazzi e solo 4,5 quello delle loro compagne. Ma in questo panorama la presenza nelle palestre di formazione tecnico-scientifica è ancora minima.

Le ragazze che si iscrivono a Facoltà scientifiche sono solo il 36%. Ultima in classifica ingegneria con il 9% di donzelle iscritte (per esempio a Roma); mentre per informatica ci si assesta intorno al 17,3% delle immatricolazioni (Assinform, 2003). Non c'è da stupirsi: i maschi crescono familiarizzando con videogiochi incentrati su aggressività e competizione. Difficilmente ad una bambina interessa cimentarsi con guerre, battaglie, partite sportive, gare automobilistiche.

E, in fondo, pensiamoci: chi ha realizzato i prodotti tecnologici? "Uomini bianchi, di classe media provenienti da Paesi Occidentali" rispondono i sociologi. Questo significa che genere (maschio), insieme a razza e classe, fanno parte del sistema. I computer sono creati da uomini per uomini. Non c'è da stupirsi se i maschi si trovino così a loro agio nell'ambito dei sistemi informatici: li hanno disegnati loro! Il risultato? Alle ultime Olimpiadi di Informatica degli studenti delle superiori, organizzate dall'Unesco, su 82 partecipanti sono due erano studentesse.

Mancano i modelli: in Inghilterra l'80% dei programmatori sono uomini. Anche negli States, patria dei computer, le docenti alla facoltà di informatica rappresentano solo il 6,5%.

E se è vero che ci siamo lasciati alle spalle i pregiudizi vittoriani che ritenevano il cervello femminile inadatto allo studio della matematica (perché più piccolo!) di fatto ancor oggi le scelte delle ragazze le spingono verso settori di lavori saturi e meno qualificati, escludendole dalle professioni che garantiscono migliori livelli retributivi. E' il vecchio principio femminista del double standard: è l'appropriazione della tecnologia da parte dei maschi che la rende prestigiosa. Quando la stessa tecnologia è di dominio femminile diventa invisibile: un elettrodomestico. Il risultato? La dirigente Microsoft: flessibile e curiosa

I pregiudizi da sfatare e gli stereotipi da sradicare sono molti. E' proprio vero che i contesti tecnici sono aridi e freddi, spersonalizzati? Chi ha detto che femminilità sia sinonimo di incompetenza tecnologica?

Anna Di Silverio è Direttore Servizi per il mercato telecomunicazioni e media in Microsoft Italia. Una laurea in informatica dopo la maturità classica e poi, dal '92 ad oggi, il percorso nella Divisione servizi: da consulente tecnico a responsabile di un portfolio clienti, fino all'attuale responsabilità del mercato italiano.
Ostacoli? "Uguali a quelli di qualsiasi ruolo che richieda dedizione costante: grande mobilità, flessibilità, orari irregolari. Nelle tecnologie non c'è l'idea della stabilità, tutto è in evoluzione, l'internazionalizzazione è forte. La passione per l'aggiornamento continuo completa il quadro: le conoscenze devono rinnovarsi". Il ruolo della Di Silverio coniuga competenze tecniche con attitudini spiccatamente femminili: "la capacità di ascolto per analizzare e comprendere le esigenze del cliente e tradurle in bisogni e soluzioni tecnologiche, ma anche la capacità di lavorare in team, di supportare i talenti più giovani come un vero e proprio coach".

Il problema, allora, non è la materia, ma ancora una volta la fatica tutta femminile di dover conciliare lavoro e famiglia. E' lo stesso problema che induce una donna su cinque a lasciare l'impiego dopo la nascita del figlio (Istat, Cnel). La buona volontà di colmare il gap, almeno nel tecnologico c'è. Il 93% delle aziende high tech consultate da Tower Perrins monitora costantemente la presenza delle donne per assicurare e promuovere l'equità.

"Per Microsoft la ricerca costituisce un punto di partenza", afferma Roberta Cocco, Direttore Marketing Communication Microsoft Italia: ""il primo passo nel desiderio di avvicinarsi al mondo femminile, comprendere in che modo lo strumento informatico può aiutare le donne ad esprimere il loro potenziale. A partire dai risultati ogni Paese metterà a punto iniziative per ridurre il gap di genere che ancora caratterizza le tecnologie". Una rete contro gli squilibri

A battersi per scardinare il monopolio maschile dell'high tech sono in molte. Negli States l'Association for Women in Computing premia una donna "modello" nel settore high tech: il premio è intitolato ad Augusta Ada Lovelace Byron, figlia del noto poeta romantico e tra le prime protagoniste della tecnologia al femminile (è autrice del primo calcolatore analogico).

Nel 2003 il riconoscimento è andato a Carol Bartz, CEO di Autodesk, azienda leader nella produzione di software.
A due passi dalla Silicon Valley Anita Borg ha fondato l'Institute for Women and Technology con l'obiettivo di "aumentare l'influenza delle donne nelle tecnologie e delle tecnologie nella vita delle donne".

Anche l'Association Women in Science (AWIS ) si concentra sull'eguaglianza e la partecipazione delle donne nella scienza, nella matematica e nell'ingegneria. E la rete europea WITEC, Women in science, engeneering and technology, nata per eliminare gli squilibri di genere, ha un ricco database di donne che lavorano nelle tecnologie.Che tutte le ragazze abbiano un modem

In Italia le fondatrici dols.net (donne on line, non bambole!) hanno istituito un sito per aiutare le donne nel rapporto con le nuove tecnologie. Imprenditrici del web, programmatrici, grafiche della Rete o anche solo appassionate: ogni mese sono in 40 mila a visitare il sito che segnala offerte di lavoro, corsi di formazione in tutt'Italia e patrocina borse di studio.

Ma le operazioni al femminile sul web sono innumerevoli. Lo dimostrano i progetti presentati lo scorso marzo dallo CNEL nell'ambito della ricerca "Donne, ICT, potere e innovazione". Un panorama ricco e completo di percorsi, siti, programmi, esperienze al femminile nel mondo dell'
Information Technology. Con una documentatissima premessa che analizza attitudini, formazione, presenza e possibilità di lavoro delle donne nelle tecnologie.
Compito femminile è lasciarsi coinvolgere dall'high tech anziché desistere di fronte alla discriminazione. Come dice Sadie Plant direttore della Cybernetic Culture Research Unit dell'Università di Warwick (UK): all girls need modems. Che tutte le ragazze abbiano un modem.

Forse è proprio questo il punto di partenza. E se è vero, come documenta l'Eurisko nella sua indagine Internet e tipologie di consumo 2003, che le ragazze usano di più la connessione, rispetto ai compagni di classe, siamo sulla giusta strada.E tu usi il pc?
Una ricerca condotta su Donne e Informatica in Italia, Francia e Inghilterra nell'ambito del Programma Europeo Leonardo da Vinci ha confermato che esiste una forte differenza di genere nell'accesso, nell'apprendimento e nell'uso delle nuove tecnologie informatiche (i risultati sono sul sito www.url.it). Prima di tutto nel numero di utenti: in Italia l'indagine rivela che tra gli adulti il 73,83% dei maschi usa il computer regolarmente contro il 46,86% delle donne,
Del resto più della metà delle donne intervistate (contro i due terzi degli uomini) ha detto di avere un computer in casa, ma solo il 24% lo considera di proprietà personale (il 42% degli uomini lo ritiene tale).

Le differenze di genere pervadono ogni campo: per le donne il primo impatto con la macchina avviene sotto il segno della paura e della sfiducia nelle proprie capacità, mentre per i maschi è molto più ludico.


Per chi vuole avvicinarsi al computer
, dal '90 la Libera Università delle Donne di Milano propone corsi di alfabetizzazione informatica. "Si iscrivono studentesse, casalinghe, impiegate disoccupate, insegnanti e pensionate dai 20 ai 70 anni", spiega Sara Sesti, docente di matematica e autrice di SCIENZIATE NEL TEMPO. 60 biografie. "Donne accomunate dal desiderio di capire le trasformazioni culturali causate dalle tecnologie e dal rifiuto di subirle passivamente". Il primo approccio con il pc è contradditorio: paura, angoscia e rifiuto si mescolano ad attrazione, curiosità, fascino. "C'è chi percepisce la presenza di fantasmi: mariti, figli, colleghi evocati da una macchina vissuta come sintesi di una tecnologia tutta maschile", continua Sesti, "chi è infastidita dalla poca autonomia, dal fatto che davanti al computer nasca subito la richiesta aiuto, chi lo teme come un mostro sacro, chi vuole assoggettarlo come un elettrodomestico".


Donne e lavoro: presenza e stipendi

Come si inserisce il panorama high tech nella situazione generale dell'occupazione femminile? Secondo l'Eurostat nel 2002 le lavoratrici erano il 42% della popolazione femminile, un dato in crescita, ma sotto la media (il 54,9% delle donne europee lavora) e ben lontano dall'obiettivo che l'UE si è prefissata: il 60% di occupazione femminile entro il 2010.
In Italia, sempre secondo l'Eurostat l'80% delle donne che lavorano è impiegato nel settore servizi, l'18,6% nell'industria e il 3,9% nell'agricoltura. Punta di diamante dell'UE la Danimarca dove 7 donne su dieci lavorano. Fanalino di coda proprio l'Italia, insieme alla Grecia (42,5%).
E che dire delle possibilità di carriera? Risponde Federmanager, la Federazione nazionale dirigenti aziende industriali. La presenza delle donne manager è del 5,4% nel 2003, il che vuol dire una donna su venti dirigenti. Migliore, l'abbiamo visto, la situazione nell'high tech con un 9% di top management al femminile.

Non solo: in Italia le donne continuano a guadagnare meno degli uomini. In media, la busta paga di una lavoratrice è inferiore del 9% a quella del suo collega in giacca e cravatta. Un gap che, invece, di diminuire, aumenta: in un anno, gli stipendi rosa hanno perso il 2%. Lo ha riferito la Commissione europea nel rapporto sulla Situazione sociale in Europa 2003. Eppure dicono che dobbiamo ritenerci fortunate: le inglesi guadagnano il 22% in meno dei loro colleghi!

La conferma della discriminazione arriva da Banca Italia: nel 2000 la retribuzione media annua di un operaio italiano era di 12 mila Euro, di 8.676 quella di una donna con pari qualifica. E il divario aumenta via via che si sale: un impiegato guadagnava 15.906 euro l'anno contro i 12.205 di un'impiegata ed un dirigente metteva in tasca 33.606 euro contro i 21.554. 12.052 euro in più per quella M sui dati anagrafici.

L'indagine è del 2005