FRIDA KAHLO LA MOSTRA
a cura del Museo della Permanente di Milano

 


Frida Kahlo- La colonna spezzata


Arthemisia, in collaborazione con il Centro Italiano per le Arti e la Cultura
, presenta la mostra più importante realizzata al mondo per numero di opere, dedicata alla grande artista messicana. In un percorso ideale e simbolico attraverso alcune delle opere più significative della pittrice, accompagnate da testimonianze fotografiche di grande interesse, vengono ricostruite le tappe della vita e del lavoro di una donna che, già durante la vita, aveva assunto le caratteristiche del mito.


La mostra, curata da Achille Bonito Oliva e Vincenzo Sanfo, si avvale del prestito, concesso per la prima volta, dell’intera collezione del Museo Dolores Olmedo Patiño, una collezione ricca di opere che rappresentano in modo egregio le proiezioni del mondo simbolico di Frida Kahlo. Dal “Ritratto di Alicia Galant” del 1927, la prima opera su cavalletto, a “La colonna spezzata”, “Alcune piccole punzecchiature”, “Ospedale Henry Ford” al “Piccolo Dimas Rosas defunto a tre anni”. Sono solo alcune opere che propongono Frida come un’artista che dipingeva sia la propria realtà sia fatti concreti, di cronaca, rivisti e riproposti in modo del tutto originale ma, al contempo, profondamente radicati in una tradizione e in una simbologia tutta messicana.
Alle opere della collezione Dolores Olmedo Patiño se ne aggiungono altre provenienti da importanti prestiti internazionali.

Gli avvenimenti drammatici che segnarono la vita di Frida Kahlo sono molto noti (negli ultimi anni sono stati dedicati numerosi libri e un paio di film all’artista). Figlia di padre europeo (Guillermo Kahlo era figlio di ebrei ungheresi emigrati in Germania) e di madre messicana, nel 1925, a 18 anni, fu vittima di un incidente che le procurò ferite così gravi, diffuse in quasi tutto il corpo, che la portarono e subire oltre trenta interventi chirurgici da quel momento fino al 1954, anno della sua morte. Fu durante la prima convalescenza che cominciò a dipingere i suoi autoritratti, aiutata da uno specchio appeso sul soffitto.

La sua pittura si trasformò presto in un “diario” della sua vita (e il suo diario, conservato a Casa Azul, la casa in cui nacque, visse e morì nel quartiere di Coyocán, è sicuramente una delle opere più interessanti). La vicenda amorosa con Diego Rivera fatta di passione, tradimenti reciproci, abbandoni e nuovi incontri (dopo essersi separati tornarono a sposarsi una seconda volta). La militanza nel partito comunista che la portò a presenziare attivamente ai momenti più salienti della storia del partito nel suo paese (i Rivera, fra l’altro, furono gli ospiti di Trotsky durante il suo soggiorno in Messico).

La storia e la tradizione messicane così radicate in lei che, ispirata da un forte nazionalismo, le fecero cambiare la data della sua nascita e le fecero dichiarare di essere nata nel 1910, l’anno della rivoluzione messicana. Le radici indigene che la portarono a vestire alla maniera delle indie tehuane e che riempirono i suoi quadri con il loro simbolismo ( “Io e la mia balia”, opera presente in mostra). La famiglia, quella di origine e quella “allargata”, come punto costante di riferimento affettivo e ideologico.

I viaggi negli Stati Uniti, tanto amati da Rivera e tanto odiati da lei, che alimentano di simbolismi alcuni quadri (“Vetrina in una via di Detroit”, presente in mostra, ne è un esempio) e ai quali sono legati alcuni momenti salienti della sua vicenda umana (“Ospedale Henry Ford”, qui esposto, ripropone con una forza e un’intensità straordinaria il dramma dell’ennesimo aborto di Frida).

E’ solo una sommaria carrellata su alcuni dei temi e degli elementi che, con insistenza, ritornano in tutte le opere di Frida Kahlo e che, fin da subito, la identificarono per la sua eccezionale originalità e la fecero apprezzare dai più importanti esponenti dell’arte e della cultura internazionali. Fu Andrè Breton, il padre del surrealismo, a firmare la prefazione al catalogo della mostra organizzata, nel 1939, nella galleria di Julian Levy a New York e Picasso a Kandinsky furono entusiasti della sua pittura quando ebbero modo di vedere le sue opere esposte a Parigi (in questa occasione il museo del Louvre acquistò un suo quadro). Frida, fedele alle proprie origini e alla propria originalità rifiutò la definizione che le venne data di artista surrealista. “Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”.

Un’opera e una vita al di fuori di qualsiasi definizione e una realtà, la sua, dominata dal tema del dolore. Un dolore che, probabilmente come nessun altro artista è riuscito a fare, viene trasformato in opera d’arte. Un dolore mai chiuso su se stesso o portatore di disperazione.
Una sorta di karma vissuto e trasformato nella pittura con quell’ironia tanto tipica dell’artista e tanto radicato nella cultura messicana. E’ da questo approccio che nascono quadri di profonda riflessione come “Pensando alla morte” del 1943, “La colonna spezzata” (entrambi presenti in mostra) ma anche veri e propri inni alla vita come l’ultima opera dipinta che si intitola, per l’appunto, “Viva la vita”.

L’eccezionalità, nel senso etimologico del termine, di Frida Kahlo, deve essere il filo conduttore che accompagna il visitatore in questa mostra, altrettanto straordinaria per la sua completezza. Eccezionalità che ne fece una delle donne più amate e fotografate del suo tempo, una delle artiste più stimate e che, ancora oggi, crea intorno alla sua figura consensi forse senza precedenti.

FRIDA KAHLO LA MOSTRA

Palazzo della Permanente
Via Filippo Turati 36
Milano
dal 9 ottobre 2003 all’8 febbraio 2004

Orari
lunedi 13-20
martedi e giovedi 10-23
mercoledi, venerdi,sabato, domenica 10-20

Infoline 24h/24h - www.ticket.it/frida
tel. 02.54915

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