Le splendenti antenate di Eva
di Maristella Lippolis



L’ultimo libro di Luciana Percovich, Colei che dà la vita. Colei che dà la forma, è una cavalcata attraverso i millenni, indietro nel tempo più recondito, quello raccontato dai miti che l’umanità ha elaborato nel tentativo di spiegare da dove veniamo e come la vita ha fatto la sua comparsa nell’universo. Una cavalcata che lascia senza fiato, non solo per il balzo spazio-temporale ma perché scopriamo che ovunque nel mondo, ad ogni latitudine e in luoghi in cui la storia ha seguito percorsi molti diversi, c’è un unico filo che accomuna tutti i miti cosmogonici e di fondazione: il racconto di un principio femminile che esiste dall’inizio, a cui si attribuisce non solo la capacità di dare la vita ma anche la competenza regolatrice del cosmo e delle vicende degli umani.
L’autrice ha raccolto oltre trenta di questi racconti, che rappresentano, come spiega nella nota introduttiva, solo una parte delle centinaia di varianti che provengono dalla Cina, dal Giappone, dalla Corea, e ancora dall’Oceania, dall’Africa e dall’India, passando per i nativi delle Americhe e ritornando qui nel cuore delle terre mesopotamiche dove hanno avuto origine le religioni monoteiste che hanno inventato Adamo e Eva, pallida discendente quest’ultima delle splendenti antenate che l’hanno preceduta. Perché con il mito di Eva la parabola discendente si era già compiuta, e le donne erano state espropriate di quella forza che le popolazioni nei millenni precedenti avevano attribuito al principio femminile percepito come primario agente di movimento e trasformazione.

Sono molte e tutte affascinanti le figure femminili che emergono dai miti: c’è Nu Kua, cinese, la dea creatrice e ordinatrice dal corpo di serpente, che impastando l’argilla dorata modellò tutti gli esseri viventi senza però abbandonarli al loro destino ma vegliando e intervenendo quando si rende necessario “riparare l’ordine della natura”; c’è la creatrice trascendente Mago, cellula germinale originaria, che è femmina e maschio e genera un femminile che contiene anche il maschile, allusione esplicita alla nascita per partenogenesi; tra i nativi d’America incontriamo Sussistanako, la Donna Ragno, che tirando i fili attraverso l’universo crea i viventi e genera le proprie figlie cantando e consente agli uomini e alle donne di restare connessi con lei attraverso il filo della sua ragnatela. In alcuni miti sono evidenti le tracce dell’antico conflitto che ad un certo punto della storia dell’umanità ha portato il maschile a contrastare il principio femminile fino a predominare su di esso: così nel mito di Amaterasu, che proviene dal Giappone, è il fratello di lei che si “dispiace perchè la sorella ha un potere più grande” del suo e concepisce un piano per impadronirsene, occupando le acque da lei governate; la sorella “si rifiuta di combattere su un piano così umiliante” e alla fine prevale sul fratello e l’equilibrio precedente viene ristabilito.

Una vicenda simile accade nel bellissimo mito pelasgico di Eurinome, mentre nella storia di Tehom e Jehovah il cambiamento si è già compiuto: qui nel conflitto tra la regina degli abissi e il creatore è lei a sprofondare e il mito racconta che “le sue acque rimasero rinchiuse dietro cancelli sprangati con sbarre di ferro…, ma ancora nutrono la terra…”. Come dire che non tutto è perduto, e che la forza dell’acqua non può essere ingabbiata, sebbene l’ordine patriarcale abbia domato l’ordine delle madri.
L’acqua continua a fluire e a nutrire le radici, come ricorda Mary Daly (scomparsa nei primi giorni di gennaio) ricordando il coraggio e la resistenza delle donne nella diaspora del patriarcato nel suo Quintessenza. Realizzare il futuro arcaico. Il libro di Luciana Percovich, ricco di riferimenti bibliografici e di citazioni, non offre soltanto preziosi elementi di conoscenza ma suscita sentimenti profondi e contrastanti: stupore per le immagini di rara bellezza che pervadono tutti i capitoli, rabbia per essere state così a lungo private di un patrimonio di genealogia femminile tanto ricco, e tristezza per il cammino che l’umanità avrebbe potuto intraprendere se il femminile e il maschile avessero continuato a procedere insieme in armonia. Ma alla fine, dopo aver letto anche l’ultimo “mito contemporaneo” che viene da Sumatra, chiudiamo il libro con un senso di pace, volgiamo lo sguardo oltre la finestra dicendo a noi stesse: ma allora è così, è questo che noi donne siamo state, questa la forza che abbiamo avuto e che dentro di noi ancora vive, pronta ad essere risvegliata.

 

da Leggendaria n.80 marzo 2010

 

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