Barbara Mapelli, Sette vite come i gatti.

di Claudia Alemani


A partire dagli anni settanta del novecento, il femminismo, o per meglio dire i femminismi, hanno cambiato la storia delle donne nel nostro Paese, e non solo, introducendo una modalità di leggere la realtà a partire da quella differenza di genere che ne è divenuta cardine interpretativo. E la realtà è la vita di tutte e di tutti: sono i corpi, è l’amore che costruisce convivenze e famiglie, la maternità,  il lavoro, il tempo che passa e che trasforma i-le giovani in donne e uomini prima, poi in anziani e anziane. Intorno a questi temi, Barbara Mapelli riflette nel suo ultimo testo.
A che punto siamo? sembra chiedersi l’autrice, non già per tirare i remi in barca e ripercorrere il tempo con sguardo nostalgico, ma al contrario per rilanciare il pensiero di genere sulla contemporaneità che stiamo vivendo.

La lente che -mi sembra- l’autrice usi per percorrere le tematiche affrontate nel testo, è quella della generazione: come si confrontano, oggi, come si guardano e come possono trovare linguaggi comuni le diverse generazioni di donne, quelle che hanno dato vita alla categoria interpretativa del genere, e quelle che sono venute dopo? Trovare un linguaggio comune, infatti, è un elemento strategicamente fondamentale, sia perché consente di considerare patrimonio, dote a cui attingere, il pensiero che le donne hanno già costruito, sia perché offre, soprattutto alle donne più giovani, una possibilità nuova di leggere ciò che accade adesso nella loro quotidianità. Nel lavoro, per esempio.

Se le donne della generazione del femminismo hanno trovato le “parole per dire” il proprio diritto a studiare, a costruire competenze, a spendersi nel mercato del lavoro, alle più giovani spetta il compito di costruire narrazioni nuove sulla precarietà, sulle opportunità, ma anche sulle trappole della cosiddetta flessibilità. Se le prime hanno riflettuto sulla doppia presenza, sulla necessità cioè di guidare contemporaneamente la propria presenza nel mondo del lavoro e il governo della domesticità, alle altre spetta il compito di fare i conti con una presenza che si fa multipla, che viene frammentata anche dalla necessità di mettere in campo nuove competenze imprenditive per costruire il proprio percorso di lavoro, in un momento in cui nulla è dato per scontato.

Eppure, anche in questa situazione di incertezza, le giovani donne non possono schiacciare la propria identità soltanto sul lavoro, perché il tempo è uno, scivola veloce e, quasi all’improvviso, esse si trovano a fare i conti con il desiderio di una relazione stabile, di un-a figlio, insomma di un coinvolgente privato.


Anche il tema della cura si presenta oggi con accezioni diverse.
Il femminismo aveva svelato che è lavoro anche  -e per talune soprattutto- quello che si fa in casa per accudire i componenti del proprio nucleo, per assicurare benessere alle persone amate, figli-e, compagni, genitori, e ancora oggi tale lavoro resta appannaggio delle donne. Le virtù femminili,  come l’autrice le definisce in un suo testo precedente, quelle competenze relazionali –e non solo-sviluppate nei secoli, quelle che tanto sembrano essere richieste e apprezzate nel mondo del lavoro, sono poi, nei fatti, misconosciute. E alle preoccupazioni per il calo delle nascite, nel nostro Paese, non fanno riscontro, al di là di quanto pure le leggi consentano, politiche sistematiche che permettano alle madri e ai padri di conciliare lavoro di cura e lavoro per il mercato.  

Il pensiero di genere, dunque, non ha terminato la sua spinta interpretativa e sovvertitrice di una storia, anche se corre, forse, in modo più silenzioso: come i gatti che sanno aspettare, che sembrano dormire, mentre sono vigili e attenti a tutto ciò che succede attorno a loro, come i gatti, che la tradizione vuole forniti di sette vite, determinati a stare nel mondo per viverle tutte.

Temi articolati e sfaccettati quelli affrontati da Barbara Mapelli; pure il linguaggio volutamente semplice e il discorrere tranquillo, come fa notare nella prefazione Carmen Leccardi, permettono a chi legge di addentrarsi con sicurezza nella complessità, senza perdersi. Un dispositivo linguistico, voluto e perseguito, che conferma la vocazione pedagogica dell’autrice.

 

Barbara Mapelli,
Sette vite come i gatti. Generazioni, pensieri e storie di donne nel contemporaneo
,
Stripes Edizioni, Rho-Milano 2010,
pagine 176, € 16

 

altre recensioni di Cristiana La Capria e di Laura Cuppini

 

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