Barbara Mapelli, Sette vite come i gatti

di Cristiana La Capria



Questo libro è uno scatto fotografico in movimento su donne collocate in diversi luoghi e in diversi tempi. Costoro sono riprese dentro inquadrature che tematizzano alcune delle principali sfere dell’esperienza che le coinvolge. Lo scatto è da più angolature, si muove dal passato, attraversa il presente e fa dei cenni al futuro, pertanto affronta la questione delle donne in via di cambiamento senza, però, alcun torpore visuale: nulla di quanto è rappresentato appare sfocato.

Innanzitutto sono messe a fuoco donne di differente generazione le cui azioni e reazioni sono tracciate tramite il confronto su pezzi di esperienza condivisa: l’amore e il sesso, il corpo, la violenza, il lavoro, la famiglia, la maternità, il confronto con le donne di altre culture, la cittadinanza. Quindi esterno e interno, pubblico e privato sono parte di un unico flusso narrativo che, pur trovando una sistemazione logico-sequenziale, è in realtà un’articolazione complessa e distribuita in forma sovrapposta dei vissuti di donne che abitano luoghi e tempi differenti.
Vengono presentati i contesti e le condizioni sociali, culturali e psicologiche che hanno orientato un certo tragitto delle donne in passato e che attualmente indicano nuove piste di movimento.

Rispetto ai capitoli tematizzati emerge un tratto ricorrente che distingue le precedenti dalle successive donne: le prime sono contrassegnate dalla “doppia presenza” dell’impegno sul fronte del lavoro retribuito e di quello domestico; le seconde, invece, sono contrassegnate – seguendo la definizione dell’autrice - dalla “multipla presenza,” dovuta allo sgretolarsi delle aspettative a lungo termine di progetti di vita uniformi e stabili, da cui lo sviluppo della virtù dell’ “ambivalenza” come capacità di muoversi al momento giusto, nella direzione giusta, con la flessibilità materiale e mentale tipica della viaggiattrice permanente.

Relativamente ai vari aspetti che hanno storicamente catturato l’attenzione e le lotte femministe e che in questo lavoro sono ripresentati alla luce delle nuove sensibilità delle donne di oggi, mi soffermerei in particolare sul tema della violenza, su quello del lavoro e su quello delle “altre”. Di questi tre temi rilancerò le domande lasciate a noi dalla Mapelli e indicherò poi il raccordo che, a mio avviso, merita una particolare riflessione.
Dunque, la violenza maschile sulle donne è antica: è di tipo culturale, sociale e pedagogico. Gli uomini vivono con destabilizzazione i mutamenti introdotti dalle donne e frenano il cambiamento con la forza. Il loro malessere si sfoga annullando le soggettività femminili – ci ricorda l’autrice - e, allora, come proporre culture alternative a questa dominante?

L’altro tema che vorrei richiamare è il tema del lavoro, della “femminilizzazione del lavoro”: il lavoro assume una morfologia tipica dell’esperienza femminile perché le connotazioni dell’impiego risultano sempre più fondate sull’impegno emotivo, sulla capacità empatica e di cura relazionale. Tali competenze trovano spazio nelle nuove versioni professionali senza, però, che i soggetti femminili in carne ed ossa siano accolti con diritti pari a quelli maschili. “Il salto non è coperto a sufficienza da narrazioni che raccontino il lavoro delle donne”, afferma Mapelli, ossia mancano i passaggi di testimone tra vecchie e nuove generazioni di donne. Ecco quindi lo scarto, anche ampio, tra le esperienze lavorative delle donne di prima e delle donne di adesso: nuovi scenari, più traballanti ed evanescenti del passato, si presentano agli occhi delle trentenni. E, allora, come fare per affermare e difendere spazi propri?

Ultimo tema da sfiorare qui è quello delle donne di altri paesi, quelle che, a partire dagli studi post-colonialisti degli anni Ottanta, hanno strappato il velo del femminismo universale sotto cui si accomodava un femminismo parziale, fatto di donne bianche, occidentali, di media estrazione socio-culturale.
Adesso queste donne sono nostre “intime”, così vicine eppure così lontane dalle nostre rappresentazioni. Come portarsi avanti in un incontro positivo? Perché ora loro sono qui, vicine a noi, nei tram, per le strade, negli stessi appartamenti nostri.

Ecco, a questi importanti interrogativi Mapelli risponde proponendo una pedagogia della narrazione, direi. Ovvero individua nella comunicazione, nella relazione narrata lo spazio e il tempo di una condivisione e dunque di un apprendimento. Questo sarebbe necessario per i maschi che hanno bisogno di riferimenti educativi capaci di insegnare forme di identità maschili non appoggiate su di un’aggressività esponenziale. Valida sarebbe anche la pista narrativa che le donne lavoratrici dovrebbero aprire alle più giovani per costruire un sapere, una cultura del lavoro impostate sul legame e sulla competenza non disgiunte dal pensiero emotivo e dall’agire di cura. Altrimenti, come ha già ricordato Piussi, si rischia l’anomia culturale. Laddove ci serve una genealogia di donne, come già ricordò Irigaray, sia di tipo intergenerazionale sia di tipo interculturale, come è il caso del rapporto tra donne distanti culturalmente ed ora sedute alla stessa tavola (le badanti e non solo) perché connotate da una differente, ma pur riconoscibile, forma di emancipazione. Lo scambio, la messa in discussione, l’apertura difficile a nuove storie, interpretazioni di occhi che ci guardano e ci raccontano – come direbbe Adriana Cavarero.

Ancora ho da fare un cenno allo stile di questo saggio che è morbido, i temi sono parti integranti uno dell’altro e, pur seguendo un filo logico-sequenziale, sono inanellati lungo traiettorie distribuite secondo un moto ondoso e denso. E lo spessore del contenuto procede liscio, con vigore ma anche con dolcezza. Ogni reparto è accostato con argomentazioni e bibliografia aggiornata che segue un filone, interdisciplinare, di provenienza nazionale e internazionale, che amplia, senza appesantire, il discorso formulato.
In ultima battuta chiedo, rimanendo dentro l’analogia del titolo, se i gatti siamo noi donne o anche gli uomini e, in secondo ordine, mi chiedo a quale dei sette stadi vitali ci si trovi in questo momento …

 

Barbara Mapelli,
Sette vite come i gatti. Generazioni, pensieri e storie di donne nel contemporaneo
,
Stripes Edizioni, Rho-Milano 2010,
pagine 176, € 16

 

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