Barbara Mapelli “Sette vite come i gatti”
di Laura Cuppini

Quattro donne, quattro diverse generazioni. Storie personali che trovano nuovo significato nel rapporto reciproco.
Con questa immagine, una foto di famiglia di qualche decennio fa, Barbara Mapelli accoglie il lettore o la lettrice di “Sette vite come i gatti. Generazioni, pensieri e storie di donne nel contemporaneo”.
Un approccio anche emotivo per un libro che parla alle donne italiane, ma anche agli uomini, partendo da una questione non facile: che cosa hanno lasciato il movimento femminista e le riflessioni che ne sono seguite?
Un’eredità non scontata e che non può essere racchiusa in un’esperienza storica ben conclusa e archiviata. Al contrario un punto di partenza che offre spunti importanti per il presente.
Tanto più che viviamo un’epoca ricca di contraddizioni, dove le politiche per le donne sono drammaticamente carenti: interventi per madri che lavorano, sostegno alle famiglie nella cura di bambini, anziani, malati.
Attività tradizionalmente riservate alle donne e oggi in alcuni casi assegnate a quelle che Mapelli chiama “le altre”, le straniere che lavorano nelle nostre case. Costoro aprono importanti e feconde possibilità di trovare nuove strade nella definizione sociale di donna o meglio nella narrazione delle singole biografie. Narrazione che può diventare – ed è questo uno dei lasciti del Movimento femminista – un racconto collettivo che non esclude ma include, non giudica secondo modelli ma vuole creare nuovi modelli.
Dunque madre e lavoratrice. E’ la donna di oggi, che appartiene ad almeno tre generazioni: le nate negli anni ‘40-‘50, ‘60-‘70, ‘80-‘90. Ecco la mescolanza inattesa tra due ambiti considerati separati (la dimensione pubblica del lavoro e quella privata della cura familiare e domestica), tradizionalmente affidati il primo agli uomini e il secondo alle donne.
Ecco il regalo che le nostre madri, nonne in alcuni casi, ci hanno fatto (ma in alcuni casi è un dono che porta la firma anche dei padri): il superamento del modello univoco dentro-fuori, privato-pubblico, donne-uomini. La possibilità di essere in modi inediti, di conciliare realizzazione professionale e personale con il desiderio di prendersi cura della famiglia.
Una doppia presenza, un’ambivalenza – caratteristiche tipicamente femminili ampiamente citate nel libro – che pongono nuove sfide e che consentono di percorrere più strade contemporaneamente.
Sfide che vanno anche raccontate e quindi condivise, con parole in parte ancora da trovare. Perché la nuova identità delle donne è irta di ostacoli e di difficoltà che in parte derivano dal passato, dalla fatica o non volontà di cambiare punti di vista, certezze assodate. Ecco allora che emergono storie di violenze, spesso tra le mura domestiche, soprusi, discriminazioni.
C’è la questione dei corpi, l’esigenza di corrispondere a certi dettami sociali, l’“inganno della taglia 42”, il “contesto prostituzionale”, ovvero l’allusione erotica usata come risorsa economica. Ecco le donne desessualizzate delle pubblicità, dove i corpi “perfetti” e i volti inespressivi parlano di una seduzione decisa altrove (in questo caso dal soggetto maschile che guarda).
La riflessione di Barbara Mapelli è complessa, accoglie piani diversi di lettura e propone innumerevoli spunti. Immaginando un cammino in cui alla foto delle quattro generazioni di donne si affianchi quella delle corrispettive generazioni di uomini. Entrambi liberi, ci si augura, di sperimentare nuove strade per agire insieme, senza il bisogno di ricorrere a facili modelli o a rifiuti che portano sulla strada della violenza.
Barbara Mapelli
Sette vite come i gatti
Generazioni, pensieri e storie di donne nel contemporaneo
Stripes Edizioni, 2010
175 pp. 16 euro
* Laura Cuppini è giornalista del Corriere della Sera
altre recensioni di Cristiana La Capria e di Claudia Alemani
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