Siamo a Novara la mia città natale: ho 14 anni, mia sorella Isa 11 e il
mio fratellino Aldo 4 (ed è fuori dalla storia); con noi a scuola ci sono
due sorelle delle nostre rispettive età, che si chiamano Esther e Ruth:
Isa e io siamo molto invidiose dei loro bellissimi nomi "esotici" che
attribuiamo a niente altro che alla fantasia dei loro genitori.
Un giorno non vengono a lezione e -come si usava- Isa e io andiamo a
portare i compiti. Alla porta viene la domestica e ci dice "I compiti non
servono, tanto non vengono più a scuola" e al nostro "perché?" risponde
"perché sono ebree". Mia sorella e io non riusciamo a capire, cioè una
parola dietro l'altra sì, ma il senso niente affatto. E nel tornare poiché
essendo la maggiore mi compete di dare spiegazioni alla sorellina dico
"Che ragazza di campagna ignorante quella lì, non sarà mica una malattia
infettiva essere ebrei!" dato che l'unico motivo che potevo immaginare
per restare a lungo via da scuola era il morbillo o la tosse canina.
A tavola domandiamo e mio padre ci dice "Sì una legge vieta agli ebrei di
andare a scuola, possono iscriversi solo gli ariani" "E chi sono?"
domando e mio padre:"Mi vergogno, ma siamo noi". Allora io veemente dico
"E io mi vergogno di un paese dove una perché si chiama Esther deve
restare ignorante", dato che il massimo che potessi immaginare era che non
potessero più andare a scuola: considero queste parole il mio primo
sentimento di antifascismo personale. Alla fine dell'anno portiamo le
pagelle e mia madre dopo aver constatato che siamo state promosse ci
dice:"Strappatele: c'è scritto: di razza ariana e io conosco solo razze
equine bovine suine e non voglio sentir parlare di razza per noi". In
effetti sulla pagella veniva scritto che eri della razza giusta.
E non solo non poterono iscriversi Esther e Ruth, ma furono cacciati dalle
università studiosi come i
Momigliano (lo storico e il letterato), il
matematico Enriquez e molti fisici e scienziati; furono espropriati
editori come Loescher e Treves. Si disse che era scampato
Hoepli perché
era fascista e in più aveva pagato ingenti mazzette. Qualche ebreo
fascista c'era, anche il vignettista
Pitigrilli, inventore della Signorina
Grandi Firme, una figura di pin up molto ardita per i tempi.
Abitava nel nostro stesso edificio una signora torinese molto bella
elegante e altera, di cognome -da ragazza- Terracini e moglie di un
farmacista non ebreo di Novara: dall'oggi al domani diventò
irriconoscibile, camminava rasente i muri a capo basso: poi scomparve.
Anche la famiglia Tedeschi con Esther e Ruth fuggì in Svizzera. Altri si
nascosero in campagna o in conventi.
Altri più fiduciosi o meno dotati di risorse rimasero, quasi indisturbati,
a parte che non potevano andare a scuola né insegnare, avere impieghi
pubblici iscriversi ad associazioni culturali, avere domestiche "ariane",
perché la razza "superiore" non poteva fare servizi a quella "inferiore".
Ma quando arrivarono i nazi nel 1943 non ci fu scampo: ad Arona furono
buttati nel lago vivi e con le mani legate molti ebrei, anche una signora
incinta.
Durante l'estate del 1943 mio padre viene richiamato e rimane in città. Il
12 settembre arriva a Novara la Wehrmacht e lo porta via con tutti i
militari italiani che riescono a prendere: quelli che hanno le famiglie
lontane scappano, ma i novaresi, quelli di Vercelli e Milano no, perché
attraverso manifesti firmati Kesselring veniamo avvisati di una cosa fino
ad allora a noi ignota e cioè che per "rappresaglia" avrebbero preso le
famiglie. Mio padre con decine e decine di migliaia di militari italiani
catalogati IMI (internati militari italiani) si fa i suoi due anni di
campo di concentramento perché -come quasi tutti- non accetta di aderire
alla Repubblica di Salò.
Io mi butto nella Resistenza e faccio la staffetta nella zona di Arona,
in Valdossola e in Valsesia. Benché abbia sempre rifiutato di portare
armi vengo alla fine "congedata" col brevetto di "partigiano
combattente"(ovviamente al maschile) e col grado di sottotenente e divento
furiosamente antimilitarista.
Mio padre torna, magrissimo stremato fuori dalla vita, ci mette due anni a
recuperare l'equilibrio e a riprendere a lavorare. Ma appena arriva ci
dice "La Germania è tutta una rovina, i tedeschi hanno pagato abbastanza,
bisogna vivere in pace". Credo che anche quelli come lui abbiano diritto
di essere considerati parte della Resistenza e degni di una citazione nel
giorno della memoria.
Passano anni e per me gli Ebrei sono il simbolo dei popoli perseguitati e
ho sentimenti di colpa verso di loro, anche se né io né la mia famiglia
abbiamo mai fatto niente contro, anzi durante la Resistenza abbiamo
ospitato e nascosto alcuni, fatto scappare altri e io ho anche
accompagnato a Luino un ragazzo Senigaglia. E ancora non so come siamo
scampati alle ronde nazifasciste: figuravamo essere una coppietta di
studenti pendolari, ma lui era talmente riconoscibile; aveva tutte le
"caratteristiche" del caso, capelli rossi e ricci naso aquilino. Per
fortuna anche i nazi erano distratti ogni tanto.
Passano altri anni e comincia la questione palestinese verso la quale ho
sentimenti ambivalenti: se un popolo vuole avere un nome penso sia giusto
riconoscerglielo, anche perché quando ero stata in Israele con una
delegazione di amministratori locali avevo visto il "deserto fiorire" sia
per le ricerche sui toponimi antichi che indicavano valle verde, acque
limpide, valle fresca, fontana candida ecc., e per le tecniche di
raccolta della più piccola goccia di rugiada, ma anche per il lavoro dei
contadini "arabi".
In quel viaggio rimasi affascinata dai Kibbuztim (Degania B) con quella
vita collettiva estrema e ricca culturalmente; pensavo invece che fosse
solo folklore che numerosi osservanti stessero seduti di sabato sui
cordoli dei marciapiedi a tirare sassate contro le automobili di
quelli che non rispettavano il sabato. Ma avevamo anche avuto un
ricevimento dal ministro dell'agricoltura che ci aveva detto che loro
erano capaci di far piovere, ma non lo facevano e ai nostri "perché?"
rispose che non conoscevano ancora abbastanza bene il regime dei venti e
avrebbe potuto piovere anche in Giordania. Raccogliendo le mie memorie
della Scrittura avevo detto:"ma il Signore piove sul buono e sul cattivo"
e ho avuta la folgorante risposta: "ma io non sono il Signore": da quel
giorno evito di avere contese con rabbini per di più ministri.
I
Palestinesi del resto fanno atti di terrorismo (dirottamenti) fino a
sparare sugli atleti delle Olimpiadi di Monaco e questo non lo accetto.
Quando lanciano la prima Intifada penso che hanno fatto una scelta giusta,
quella di una forma di difesa popolare nonviolenta: "naturalmente" noi, i
popoli dell'occidente che ci riteniamo il meglio che ci sia al mondo non
facciamo il puro niente perché quella scelta frutti una via d'uscita.
E quando Sharon fa la trappola della Spianata delle Moschee e Arafat ci
casca o pensa di sfruttarla o viene costretto da chi è più potente di lui
e fa partire una seconda Intifada militarista e armata e poi partono gli
attentati suicidi sempre più numerosi mi do quasi per disperata: nei due
popoli le persone disposte a ragionare sembrano sempre più isolate e il
fondamentalismo sempre più diffuso: i Palestinesi erano noti per essere i
più laici della regione tra gli Arabi ed ecco le donne, sempre state
politicamente attive in prima persona, anche contro Arafat quando
occorreva, scompaiono e perdono identità e diventano ruoli, cioè le madri
e vedove degli Eroi, un vero pianto!.
Credo
che noi popoli non coinvolti direttamente nella vicenda dobbiamo diventare
capaci di tenere alcune distanze politiche etiche ed emotive in modo da
poter fare da ponte tra chi nei due popoli invischiati è ancora capace di
essere ragionevole tollerante aperto critico. Non vedo altra strada né
altra funzione possibile per evitare coazioni a ripetere.
Intanto a giugno dello scorso anno prendo parte a un seminario in
preparazione del Social forum europeo di Firenze. La riunione si tiene in
un centro sociale occupato che si trova nel ghetto di Roma, luogo nel
quale ero sempre andata con grande sicurezza e tranquillità. Siamo lì che
discutiamo e veniamo assediati da una banda di giovani ebrei romani
urlanti come fossero allo stadio, curva sud, che ci vogliono cacciare.
Nell'intervallo di pranzo andando a cercare un bar avevo visto che su
tutti i bar e le trattorie erano affissi volantini inneggianti ad Israele
che vincerà, ha sempre vinto ecc., che avevano suscitato echi funesti in
me, ma non ci avevo fatto caso più di tanto. Dopo trattative condotte
anche abbastanza male da noi, possiamo uscire e Rossana Rossanda Ferrajoli
e io veniamo accolti insieme a tutti gli altri al grido di "terroristi!",
che non mi era ancora mai capitato. Nel ghetto alle ultime elezioni ha
vinto la destra.
Insieme ad altre ho dato vita a una Convenzione permanente di Donne contro
le guerre che ha una articolazione teorica di nome Associazione "Rosa Luxemburg": vogliamo costruire una cultura politica che escluda la guerra
come strumento per il governo dei conflitti. Rosa con i suoi scritti e la
vita ci fornisce tracce di pensiero e pratiche di azione di grande respiro
e attualità, anche per una ipotesi rivoluzionaria non
leninista-militarista ma sociale e quasi senza stato. E anche molti
suggerimenti di analisi economica ecc. Rosa era ebrea, come si sa, e
quando fuggì dalla Polonia nativa, che era sotto gli Zar, per andare in
Germania fu preceduta dai suoi compagni del partito socialista polacco con
una lettera ai compagni del partito socialdemocratico tedesco in cui si
diceva: "arriverà da voi Rosa Luxemburg, non lascatevi sedurre da quella
ragazzotta ebrea polacca": carini,no? e
adesso giuro che sto zitta per un pezzo.
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