Risuonano leggeri profondi pensieri

di Donatella Bassanesi




Il Corso della LUD (Libera Univ. delle Donne) che si tiene a Cernusco sul Naviglio quest'anno porta il titolo "Risuonano leggeri profondi pensieri". Consiste di tre parti (condotte, in progressione di tempo, da Enrica Tunesi, Donatella Bassanesi, Lea Melandri). Le tre parti implicitamente si interrogano. Implicitamente, perché non c'è un chiaro progetto in questo senso. Direi avviene: è il contributo essenziale del gruppo di 'corsiste', che si trovano nella condizione di poter rilevare l'insieme dei fili, concorrono alla 'tessitura'.

Vorrei provare a spiegare il titolo.
La ricerca che noi andiamo facendo è costituzione di un luogo di pensieri, luogo di interpretazione del tempo.
Luogo, cioè punto di incontro di spazio e tempo: dove e quando il tempo interpreta (ha modificato e va modificando) lo spazio, come lo spazio (un certo spazio) influisce sugli eventi (il tempo, il movimento).

Sono pensieri leggeri profondi.
Non si tratta di spensieratezza, un lasciare da parte le preoccupazioni per godersi un momento di gioia. Eppure ci sono momenti di gioia. Che tuttavia non sono svago, un mettere da parte, un cercare di dimenticare. Al contrario, è come uno scavo che libera qualcosa di sepolto. Gioia è l'effetto della liberazione di un frammento (di sé) che si direbbe esca ripulito, è la bellezza e lo stupore del ritrovamento.
Sono gli af-fondi a rendere leggeri i pensieri.
Ma nel titolo la parola leggero viene prima della parola profondo.
Perché?
Quando ci si ritrova, la percezione prima è il piacere di rivedersi, ci si è aspettate e adesso siamo lì, ad aspettarci che qualcosa avvenga. Per una specie di 'miracolo' ancora una volta si forma quel cerchio in cui ci disponiamo e a ragione del quale ci vediamo in volto (guardiamo i nostri volti) - potremmo dire in altri termini che le giocatrici si dispongono a giocare, sono disposte a mettere in gioco qualcosa di sé, e puntano a qualcosa che tuttavia non sanno precisamente cosa sia.
Ciò che si sa è che non si sa quale sia la tensione che anima, cioè l'aspettativa: inaspettatamente qualcosa potrebbe avvenire, è il presentarsi di un evento, che è come un vento, e sembra provenire dal futuro, è una modificazione che inavvertitamente è avvenuta ed è come una profezia di ciò che si sta diventando (in un certo senso è una strada nuova nella quale ci si è messe).
Potremmo anche dire che l'af-fondo, riportando in superficie ciò che affondato non conoscevamo, rende alla superficie frammenti e il vuoto che li separa e li tiene insieme.

Così avviene che si presenti qualche volta (per una sorta di 'miracolo') ciò di cui si aveva vago presentimento. È come se qualcosa dal profondo attraesse. È sempre una (non la stessa, ma da sola) che conduce questa parte così profonda ed emozionante del 'gioco'. Tutte poi si sforzano di seguirla (anche contrapponendosi), in un movimento che è insieme ritorno a sé (a un proprio irraggiungibile centro dal quale si è attratte, verso il quale si è in tensione) e svelamento di sé altra (ci si scopre), di sé nell'altra (un'identificazione), di sé per l'altra (ci si vede con gli occhi dell'altra), dell'altra (che ci appare nella sua mutevolezza).

È ricerca di una strada che spieghi il senso attraverso il 'volto' che l'altra (anche se stessa-altra) sta rivelando. Ri-velando: cioè sta proprio in questo momento ricoprendo. E si ri-vela perché prima c'è stato un momento in cui si è s-velata.
Ma l'attimo dello s-velamento non lo cogliamo, è un abbandono segreto, un attimo di assenza (anche a sé) di chi si sta svelando. Cioè, noi ci accorgiamo che l'altra (se stessa-altra) per un attimo si è tolta il velo, si è s-velata. Ma non ce ne accorgiamo nel momento in cui si toglie il velo, solo un momento dopo, con la ri-velazione, quando il velo sta nuovamente ricoprendo. Questo significa che lo svelamento è così profondo che non è raggiungibile neppure da chi sta svelandosi, non si fa presenza, è attimo ed è assenza. Il velo è sfuggito di mano inavvertitamente, si voleva dire qualcosa ma senza piangere, quel pianto imprevisto quella commozione scappata di mano, segna che c'è stato quell'impercettibile (e profondo) attimo di s-velamento, le parole che seguono ri-velano, cioè ricoprono con il velo che è parola ed è espressione, un mostrare (possibile solo attraverso un velo).
È proprio questo profondo raggiunto, il coraggio e la spinta che è stata necessaria a raggiungerlo, a rendere poi quella leggerezza di cui inizialmente si aveva avuto presentimento.

I pensieri (che abbiamo detto sono leggeri profondi) non semplicemente si presentano, abbiamo sentito che risuonano. Anzi quello che si percepisce subito come tensione è la risonanza.
Ri-sonanza, cioè un suono che risulta da una vibrazione, ritorna nel senso di un espandersi come cerchi d'acqua. I punti dei cerchi che vengono formandosi non procedono lungo una linea, potremmo dire che per espansione si riproducono riproducendo la figura (il cerchio) a cui appartengono.

Proviamo a seguire la figura del cerchio. In acqua si forma perché è stato gettato un sasso o un pesce ha tirato fuori la testa dall'acqua.
Nel legame tra cerchio e acqua la possibilità per il cerchio di formarsi si lega alla profondità e al doppio movimento del discendere (del sasso) e del risalire (del pesce). Un incidente (il sasso o il pesce sono il caso kairòs che produce in quel punto il cerchio) origina il cerchio.
Il cerchio dunque si origina dal (e come) centro.
Pensare radicalmente il centro significa pensarlo prima dell'alternativa tra presenza e assenza, cioè in un non-luogo che è desiderio di centro, in cui si ha spostamento dell'interrogazione (interrogazione originaria, per essere motore che sposta e per suscitare l'altra domanda, nell'altra una domanda), è punto in cui la domanda ritorna (si ripete in quanto domanda, dove c'è esitazione, spostamento, cioè rottura e giuntura).
Perché si origina dal centro il cerchio rimane chiuso, delimita innanzitutto uno spazio interno. Ma comunica anche all'esterno ripetendosi (risuonando) fino a perdersi come cerchio. Il moltiplicarsi dei cerchi è un allargarsi e perdere di intensità, cioè è alterarsi dell'origine. I cerchi d'acqua sono dunque imperfetti, instabili, e sono prodotti da risonanza (risonanza che è ripetizione e alterazione, è una ripetizione che spostandosi verso l'altro si altera). Così un movimento concentrico contrasta un movimento eccentrico e produce un cerchio che si dovrebbe chiamare tensione al cerchio.

In cerchio noi ci disponiamo, come un'unità fatta di punti che si riferiscono tutti al centro del cerchio, che è uno-non-è-uno, perché ciascuna ha il suo centro, che è esso stesso un centro che si tende verso il centro, è variabile.
Formandosi per una doppia tensione - dal centro verso ogni punto della circonferenza, e all'inverso d ogni punto della circonferenza verso il centro - il cerchio non può essere aperto (anche se può essere spezzato), non può ampliarsi, risuona.

Lungo la linea della circonferenza non può esserci movimento Movimento che invece si può avere lungo l'arco di quel cerchio-non-cerchio che è la spirale. Per essere spazio aperto, luogo di passaggio tra interno ed esterno, per essere cammino che è porta tra esterno e interno, per rappresentare "la fragilità nello spazio" (L. Bourgeois, in "Lapis", 1996, n. 18), ci mostra la condizione dello stare ai limiti e la porta di quel labirinto che è il tempo.

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