LO
SCONVEGNO:
SOGGETTIVITA' FEMMINISTE A CONFRONTO

Il "gruppo sconvegno"
Sabato
4 maggio, nonostante una pioggia battente, circa duecento donne e qualche
coraggioso uomo, giunti/e alla spicciolata o in piccoli gruppi da tutta
Italia, si sono incontrati/e a Milano per partecipare ad un incontro un
po' particolare, di questi tempi: Lo Sconvegno, sottotitolo, quali
soggettività femministe oggi
Dalle 9.30 del mattino fino alle 18.00 lo spazio dell'Unione Femminile
Nazionale è stato teatro di un intenso dibattito su femminismo,
potere, libertà, produzione, riproduzione, lavoro, vita, politica,
trasformazione
Ma, forse, sarà bene cominciare dall'inizio di questa storia.
L'idea
di uno sconvegno femminista che - agli occhi dei più - potrebbe
apparire come una pensata quantomeno bizzarra e anacronistica, è
nata dalla collaborazione fra una femminista storica, Lea Melandri,
e "noi" che siamo un gruppo di 5 ragazze di Milano sui 30
anni. E' stata Lea a pensare ad un incontro nazionale fra femministe
di tutte le generazioni ed ancora lei a metterci in contatto, ma poi noi
abbiamo fatto nostra e trasformato la sua idea cercando di immaginare
un momento non rituale in cui metterci in gioco veramente, dire anche
cose sconvenienti e stimolare prospettive dissacranti.
Il dibattito dello Sconvegno si è snodato sulla base delle domande
che abbiamo elaborato a partire dall'analisi delle nostre contraddizioni
di giovani donne nell'epoca della globalizzazione, o capitalismo avanzato
che dir si voglia. Come noto, l'epoca contemporanea è segnata da
cambiamenti strutturali veloci e profondi ricchi di paradossi e contraddizioni,
che tutte e tutti viviamo sulla nostra pelle. Sono contraddizioni che
toccano tutti gli ambiti della vita quotidiana: dal lavoro alla riproduzione,
dalla famiglia al potere.
A nostro parere, essere donne rappresenta una differenza qualitativa non
secondaria nel contesto geo-politico esistente, non nel senso che le donne
siano migliori o più "etiche" degli uomini, e nemmeno
che siano tutte uguali, ma nel senso che dall'analisi e dalla riflessione
sulle contraddizioni fra ruolo e identità che caratterizzano, ancora
oggi, l'essere di sesso femminile può derivare una critica dell'esistente
radicale e raffinata ad un tempo: capace di tenere insieme teoria e pratica,
individuo e gruppo, personale e politico, in una parola la complessità.
L'essere contemporaneamente dentro e fuori, o meglio né dentro
né fuori, che caratterizza - ancora oggi- l'essere donne, permette
il privilegio di porsi in un'ottica obliqua e liminale che offre- può
offrire- spazi di trasformazione dell'esistente. Laddove è sempre
più significativa e cruciale la capacità etica di scegliere
autonomamente, emerge come cruciale la necessità della capacità
riflessiva di farsi soggetto. La posizione scomoda che noi sentiamo di
avere, può rappresentare, allora, un vantaggio perché ci
porta a porci delle domande radicali, a non accettare identità
preconfezionate e a non fare nostri bisogni indotti; perché ci
porta a desiderare un'alternativa.
In questo senso, secondo noi, l'esperienza e le riflessioni del femminismo
hanno molto da insegnare. Ed é in quest'ottica di ricerca di trasformazione
e di libertà che a noi interessava (e interessa) confrontarci con
le donne delle generazioni precedenti alla nostra che hanno vissuto l'esperienza
della "rivoluzione sessuale": non per riproporre acriticamente
ricette preconfezionate, ma per pensare insieme strategie e pratiche possibili
per agire in questo mondo e trasformarlo nel senso del nostro desiderio
di senso e di agio.
Abbiamo raccolto le nostre riflessioni e domande in un documento che abbiamo
iniziato a far girare in rete e la nostra proposta di lavoro è
rimbalzata da una lista all'altra, raccogliendo interesse e partecipazione.
La risposta positiva al nostro invito ha evidenziato l'esistenza di un
rinnovato fermento: il desiderio di uscire allo scoperto, prendere parola,
incontrarsi e conoscersi in carne ed ossa; ma anche l'esistenza di un
tessuto di azioni di gruppi e di singole che, quotidianamente, si mettono
in gioco.
Il fermento si è manifestato anche sabato 4 maggio, tangibile nella
presa di parola pubblica e nella partecipazione di tutte le donne che
hanno colto i nostri spunti di discussione, decidendo di dedicare un sabato
intero alla discussione politica, dimostrando quanto il bisogno di una
dimensione collettiva di confronto sia sentito e diffuso.
Sia nella genesi, dunque, che nel momento vero e proprio del dibattito
abbiamo sperimentato modalità non scontate di incontro e confronto
fisico e politico fra donne di diverse età, provenienza geografica,
esperienze politiche ed esistenziali, in una diffusa atmosfera di "volontà
di comunicazione". Tanto per intenderci, non si sono riproposte modalità
già viste: le femministe storiche non sono venute con l'intento
di insegnarci che cosa è stato il femminismo con la F maiuscola,
né le "giovani" sono venute a chiedere approvazione o
input sul da farsi, con atteggiamento vittimistico. C'è stato uno
scambio fra soggetti politici, diversi e non spaventati di esserlo. E
se per "educazione" si intende il processo volto alla costruzione
del soggetto, pensiamo che la nostra storia possa trovare spazio fra le
pagine di questa rivista, come un fortunato esempio di capacità
di imparare dal confronto e dalla valorizzazione delle diverse esperienze.
Durante la giornata erano previste sei relazioni di giovani donne che
per interesse politico hanno scelto di portare avanti una lettura di genere
dell'esistente, ma si è volutamente deciso di lasciare ampio spazio
al dibattito. La scelta è stata accolta e molte donne hanno preso
la parola e tutte insieme - giovani e meno giovani - a partire dalla nostra
posizione di comodità scomoda, di consumatrici e riproduttrici
di capitale, abbiamo cominciato a raccontarci e a confrontare le nostre
"strategie di resistenza quotidiana", con il desiderio comune
di scovare insieme- apportando ognuna il proprio bagaglio di esperienze
- i margini di potenziale trasformazione dell'esistente.
L'obiettivo comune emerso è stato, secondo noi, il desiderio radicato
e sentito di fare politica, nel senso di agire nello spazio pubblico la
nostra identità e i nostri desideri e con ciò trasformare
la nostra e la comune realtà. All'insegna di un'idea di politica
che è ricerca di senso, elaborazione di contenuti e ampliamento
degli orizzonti di azione, sottraendo il nostro tempo dagli imperativi
della produttività, opponendoci alle logiche della mercificazione
e della guerra come unica risoluzione dei complessi conflitti della contemporaneità,
anche con la lotta in piazza, di cui Genova è solo uno degli ultimi
esempi.
Il fermento di cui abbiamo avuto percezione allo Sconvegno, però,
se da un lato descrive la ricchezza e la poliedricità delle esperienze,
d'altra parte è indice anche della frammentazione delle realtà
di donne in movimento.
Il desiderio di trasformare l'esistente, la volontà politica di
cambiamento per rendere reale un possibile "altro", è
stato nominato in molti modi: come strategia di sopravvivenza, come adattamento
critico alla realtà, come ozio della politica, come militanza assoluta,
come progettualità resistente. In molte hanno descritto come avviene
il proprio "mettere e mettersi in pratica", nel pieno rispetto
delle pratiche delle altre ma, a nostro avviso, isolatamente dalle altre.
In bilico fra fermento e frammentazione, fra molteplicità e indeterminatezza,
resta centrale- secondo noi- il problema di cosa fare e dove andare insieme.
Non sentiamo il bisogno di un femminismo movimentista, ma avvertiamo la
necessità di un lavoro comune su nodi che consideriamo collettivamente
strategici e di pratiche che vadano in una direzione che avvertiamo comunemente
come significativa, ferme restando le nostre differenze negli approcci,
nelle analisi e negli stili. Non è di una "linea" che
abbiamo bisogno, ma forse di un senso di appartenenza e di una sensazione
di piacere nel riconoscerci, senza però la paura di affrontare
il conflitto. Affrontarlo nel senso di tenere presente gli estremi della
discussione, non per arrivare ad un punto di mezzo che smussi le differenze
e accontenti un po' tutte (altri sono i luoghi in cui questa politica
della mediazione può dare buoni frutti), ma per dare la possibilità
agli sguardi di guardare un po' più in là: questo intendiamo
noi per confronto.
Un po' abbiamo sentito anche questo, allo Sconvegno: il timore di non
evocare antichi conflitti, di non offendere nessuna. Altre che hanno partecipato,
ci hanno invece segnalato la sensazione di una volontà (finalmente)
di uscire dall'affermazione a tutti i costi del proprio punto di vista.
Quanto ai temi affrontati nel corso della giornata, molte hanno proposto
le loro riflessioni sui i nodi della riproduzione e del lavoro. La riproduzione
come evento biologico ha occupato soprattutto lo spazio della mattina,
oscillando tra i desideri sollecitati dagli eventi tecnologici e i dubbi
su ciò che in questa promessa di libertà di scelta ci viene
celato: un intero modello di società fondato sull'individuo onnipotente,
i corollari che derivano dal contesto di capitalismo avanzato in cui queste
tecniche e sperimentazioni sono inserite, l'operazione di controllo del
corpo femminile, la mancanza di reale informazione proprio sugli eventi
tecnologici.
Significativo il modo in cui è emerso il tema del lavoro durante
il dibattito: come tentativo di fare convivere la sussistenza e le strategie
di resistenza a un sistema che induce bisogni e modelli sociali e culturali
che tentiamo di abbattere. Di flessibilità si è parlato
come modalità di lavoro scelta piuttosto che subita, pur pagandone
il prezzo; come condizione di lavoro, con cui bisogna fare i conti, ma
nella quale si cerca di sperimentare un modo di produrre che non assecondi
lo stato di cose. Una sfida sentita da molte come urgente è di
trasformare la flessibilità, oggi assoggettata e misurata su quelle
che sono le esigenze del mercato, in un qualcosa che gestiamo noi. Una
flessibilità che tenga conto quindi delle esigenze delle lavoratrici
prima che di quelle del mercato.
Non si può parlare del lavoro senza chiamare in causa un intero
modo di vivere, una scommessa che si rinnova ogni giorno; allo sconvegno
volevamo tentare di elaborare la sensazione diffusa che queste scommesse
individuali non portano cambiamenti significativi nella comunità,
non incidono sullo stato di cose: in parte è stato fatto.
Critiche alla giornata ci sono state, e siamo curiose di riceverne ancora.
Si è parlato dell'incapacità di rinnovare il linguaggio,
intesa come segnale di incapacità di pensare modalità innovative
di azione politica. Per alcune, sulla parola "femminismo" pesa
un carico di storia e di significati stereotipati che lo rende inadeguato
a interpretare il presente in modo creativo; per altre il passaggio della
presa di coscienza critica non è descrivibile in altro modo e l'adottare
per sé questa definizione dà forza alla comunicazione della
propria esperienza. In molte abbiamo sentito come un limite il fatto di
non essere riuscite a coinvolgere, se non in minima parte, le donne straniere
e migranti e quegli uomini coscienti della loro parzialità di soggetti
sessuati e desiderosi di una discussione politica collettiva.
Ma immaginavamo questo sconvegno soprattutto come incontro, riflessione
collettiva, scambio di esperienze corpo a corpo: uno spazio/tempo in cui
vedersi, guardarsi, ascoltarsi, perdere del tempo per stare insieme, e
starci bene. L'obiettivo era fondamentalmente iniziare a mettere le carte
in tavola e a conoscerci e, in questo senso, pur con tutti i limiti incontrati,
pensiamo che l'esperienza dello Sconvegno abbia rappresentato un salto
qualitativo nel panorama attuale, quanto a capacità di ascolto
e a ricchezza di dibattito.
Molte le proposte per continuare insieme: avviare una mappatura dei nodi
della rete delle donne in movimento (luoghi separatisti, luoghi separati
che nascono in un contesto misto, luoghi misti in cui la riflessione di
genere) per moltiplicare le occasioni di incontro e di scambio, per dare
valore alle nostre azioni; individuare un tema su cui focalizzare l'attenzione,
"lavorarci" nel proprio territorio ma tenendosi in rete con
le altre; sperimentare momenti di elaborazione non assembleare e forme
di comunicazione non verbale; trovare modi per avviare un confronto con
le donne straniere, che portano la ricchezza di uno sguardo "altro"
e che potrebbero aiutarci a comprendere molti meccanismi nascosti di cui
siamo succubi.
Sicuramente, se lo Sconvegno è stato un appuntamento importante
in ambito femminista non solo milanese, non può e non vogliamo
rimanga un appuntamento isolato. Abbiamo infatti intenzione di proseguire
quel percorso di cui si parlava nel documento di presentazione della giornata,
che ha visto solo un primo momento in sabato 4 maggio. Dopo aver proposto
sotto forma di interrogativi nodi secondo noi importanti su cui confrontarci
e riflettere, intendiamo individuare un aspetto strategico cui incidere
per iniziare a praticare il cambiamento. Il nodo su cui abbiamo pensato
di iniziare a ragionare è quello della ridefinizione delle categorie
di produzione e riproduzione nell'era tecnologica post-industriale, ma
si tratta solo di una prima suggestione.
Nel corso dei prossimi mesi, proveremo a formulare delle ipotesi che vorremmo
portare ad un altro Sconvegno. Ipotesi da criticare, ri-elaborare, modificare,
implementare in uno spazio di discussione plurale e collettivo, in un'ottica
di trasformazione radicale.
La proposta, accolta nella giornata di sabato 4 maggio, è stata
quella di organizzare più appuntamenti in luoghi diversi, in giro
per l'Italia, attraverso uno scambio sincretico con chi in quel luogo
già è impegnata politicamente o ha intenzione di farlo,
procedendo tra un appuntamento e l'altro in un percorso di elaborazione
critica e portando via via alla discussione nuovi spunti e nuove ipotesi.
Gruppo Sconvegno
Per contattarci sconvegno@tiscali.it
Per consultare il nostro materiale www.uninefemminile.it/sconvegno/
L'articolo è stato pubblicato sulla rivista "Pedagogika"
Quali
soggettività femministe oggi...
A
Napoli- novembre 2003
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