Ada E. Yonath e le altre

Valeria Fieramonte



Tra i 36 premi Nobel che hanno partecipato a Lindau al loro 63° meeeting, l'unica donna presente è stata Ada Yonath, Nobel per la chimica nel 2009 per il suo contributo alla conoscenza di come sono fatti e di come lavorano i ribosomi (organelli che assieme ai mitocondri svolgono un ruolo fondamentale dentro le cellule). La loro attività principale è quella di servire da culla per le proteine.

Occorre dire che i Nobel conferiti finora alle donne in campo chimico sono stati solo quattro.
I primi due a Maria Curie e a sua figlia Irene, il terzo, nel lontano 1964, a Dorothy Crowfoot Hodgkin (nessuna parentela con il medico scopritore dell'omonimo linfoma).


Sono dunque trascorsi 45 anni prima che sia stata premiata un'altra donna, cosa che dimostra senza bisogno di troppe parole la relativa misoginia degli ambienti scientifici. Ma c'è di sicuro anche un altro motivo: la maggior parte delle donne che studia e poi lavora in campo scientifico, non si pone obiettivi tanto elevati come la conquista del Nobel, e si ritiene normalmente appagata anche solo per il lavoro che fa.

La Yonath, invece, al Nobel ci ha puntato da subito, fin dagli inizi della carriera, e forse anche per questo è riuscita ad ottenere il suo obiettivo.
Nata nel '39 a Gerusalemme da immigrati sionisti, e laureata in chimica alla locale Hebrew University, si è specializzata in cristallografia ai raggi x nel '68 al Weizmann Istitute di Rehovot. In seguito ha lavorato anche negli USA (Carnegie Mellon University) e in Germania (Max Planck Institute); nel 1970 ha fondato il primo laboratorio di cristallografia per lo studio delle proteine e nel '79 è riuscita ad ottenere la cristallizzazione delle particelle ribosomiali, un compito considerato all'epoca quasi impossibile.

La sua lecture a Lindau aveva come titolo: 'La curiosità e i suoi frutti'.
Ha spiegato appunto che cosa sono i ribosomi, da lei definiti 'le fabbriche che producono le proteine decodificando continuamente le informazioni genetiche nelle cellule viventi'.
Queste minuscolissime fabbriche leggono le istruzioni in un linguaggio di 4 lettere e le riproducono in un linguaggio di 20 lettere. Le cellule dei batteri hanno centinaia di migliaia di ribosomi, per esempio, e questi hanno anche la caratteristica di agire continuamente, essere ovunque e fare errori molto difficilmente (1 errore ogni 2 milioni di processi: magari si potesse dire lo stesso degli esseri umani!)

Il momento clou della relazione è stato un filmato che ha fatto vedere, letteralmente, con tecniche riprese al microscopio, come nascono le proteine, qualcosa di davvero emozionante per il pubblico in sala!
I ribosomi, che per quanto minuscoli si rivelano così vere macchine al alta produttività alimentate dal DNA messaggero (RNA) – hanno una specie di 'tunnel' ancora più microscopico, dal quale emergono in continuazione le proteine nascenti, aiutate dall'incessante lavorio di piccole subunità batteriche ribosomiali. Senza il DNA messaggero e la capacità di creare legami tra gli aminoacidi non esisterebbero le proteine (e dunque nemmeno noi).

Quale può essere l'interesse di queste ricerche dal punto di vista farmacologico?
Il 40% degli antibiotici serve appunto a bloccare le proteine dei batteri nocivi: capire come le piccole unità antibiotiche paralizzano il grosso, rispetto a loro, ribosoma, potrebbe servire a cercare di combattere almeno parzialmente la resistenza agli antibiotici, ormai sempre più frequente, sia per il loro uso improprio sia perchè i batteri trovano sempre nuovi mezzi di difesa, dato che, conclude la Yonath, anche loro vogliono vivere!


Ora vorrei dare qualche informazione anche sulle giovani ricercatrici presenti, almeno le poche con le quali sono riuscita a scambiare qualche opinione.

Cristina Airoldi – Università Milano Bicocca – studia le applicazioni della risonanza magnetica nucleare, tramite le interazioni tra recettore e 'ligando', cioè tra la proteina, che è il recettore, e le molecole che ne attivano o disattivano l'attività. I ligandi possono essere sostanze naturali, come l'acetilcolina, o di sintesi, come i farmaci: in questo ultimo caso si può capire se un farmaco è efficace o no e studiarne l'attività.
Secondo Cristina ogni attività scientifica può avere risvolti positivi o negativi: però quando qualcuno scopre qualcosa di importante ha l'obbligo di dirlo anche se poi ci può essere chi ne fa un uso scorretto, perchè pensa che gli utilizzi positivi saranno sempre la maggioranza. ( Io non sono molto d'accordo: secondo me vanno semplicemente cancellate le scoperte che possono portare a usi negativi e dannosi deliberati).
Abbiamo parlato anche di ogm: sempre secondo lei, andrebbero regolamentati meglio, senza però demonizzarli: non bisogna dimenticare infatti che anche per produrre l'insulina che serve ai diabetici o altri farmaci salvavita si usano batteri geneticamente modificati, cioè microrganismi ogm.
Le ho anche chiesto se ha dei dati su possibili effetti nocivi della RMN, ma mi ha risposto di no. E' una tecnica diagnostica sicura, mentre lo stesso non si può dire della TAC.
Del resto i campi magnetici della RMN hanno energie dalle 10 alle 12 volte inferiori, come ordine di grandezza, a quelle usate nella TAC, che ha una radiazione elettromagnetica a raggi x (in altri termini cambia la scala elettromagnetica). Allo stato attuale la RMN è la metodica diagnostica meno pericolosa.
E' stata molto contenta di incontrare il suo Nobel di riferimento, Kurt Wuthrich, uno dei padri della RMN assieme a Richard Ernst.


Mi ha molto incuriosita, anche, la 28enne Yu Hsuan Huang di Taiwan.
Lavora nello science park di una cittadina vicino a Taipei e studia la struttura dei radicali liberi nei gas e la spettroscopia ad infrarossi. Da Taiwan sono arrivati in 5: 4 ragazzi e lei.

Invece Delphine Chang Seng (34 anni, madre francese padre cinese) studia la chimica dei polimeri (ce ne sono di naturali, come la cellulosa, o di sintetici.) Anche nell'involucro delle pillole vengono usati, e in questo caso devono essere ovviamente biodegradabili, gli utilizzi sono i più svariati, dalle lenti a contatto alle celle solari. Delphine lavora a Strasburgo che è anche una delle sedi della UE, ed è nata vicino a Bordeaux.
Le ho chiesto perchè mai le calze di nylon durino così poco e se non potrebbero farle più resistenti, ma forse non era un argomento abbastanza scientifico...

Sandra Garcia-Gallego, 27 anni, Università dell'Alcalà, Madrid, studia le nanoparticelle per applicazioni mediche. Per fortuna per ora solo sulle cellule dei topi.
Personalmente ritengo le nanoparticelle molto più pericolose degli stessi OGM, anche se nessuno ne parla forse perchè non hanno immediatamente a che fare col cibo e sono invisibili, e dunque scatenano meno l'emotività, ma secondo lei ci sono diversi tipi di nanoparticelle e occorre trovare le meno pericolose.

Irena Andreevna, 25 anni, bulgara, studia e lavora in Germania, Università di Gottingen, sulle dinamiche dei ribosomi e la traslazione delle proteine nei procarioti.

Dagli USA due giovanissime, Georgianna Whiteley, 22 anni, epidemiologa e biochimica, con esperienze anche in villaggi rurali africani (Tanzania, con i Masai), e Katie Washington, 25 anni, biologa, che ricerca dati su come migliorare lo stato di salute di donne e bambini. Entrambe afflitte da una bellezza troppo evidente per non essere notata, che si spera non sia loro di ostacolo nella carriera scientifica.

Ho cercato di capire se il rapporto uomo-donna tra i ricercatori fosse un po' meno sfavorevole di quello tra i Nobel, e indubbiamente, in questa giovane popolazione tra i 20 e i 35 anni le donne sono abbastanza numerose, quasi la metà. Segno che le cose stanno comunque cambiando in meglio, o almeno così pare.

Infine Laura Borgese, Università di Brescia, una delle poche ricercatrici sposate e con figli, lavora nel campo dei materiali di uso industriale e nella sintesi di films di ossidi ultrasottili per mezzo di una tecnica denominata 'deposizione atomica a strati' ( ALD: atomic layer deposition).
Sua una delle migliori motivazioni alla ricerca: 'la scienza è passione. Qualcosa che trovo nella mia vita. La cercavo anche quando ancora non sapevo che cosa fosse. Da quando ho potuto lavorare in campo scientifico non ho mai smesso. Non importa se non mi dà troppo denaro, o la fama, riempie la mia vita e mi piace.'


home