per l'incontro di Bologna, 22 novembre 03

Biotecnologie e welfare: cosa c'entrano le donne?

di Maddalena Gasparini


Frida Kahlo


La domanda non è retorica, perché il tema (per l'esattezza "Innovazione scientifica e welfare europeo, la questione delle biotecnologie") è oggetto del seminario organizzato dal CESPE a Roma il 5 novembre, relatori quindici uomini di sicura competenza, invitate all'ascolto più di cento donne. Questa storia, di cui già s'è detto, ci informa senza giri di parole sullo stato del rapporto pubblico o meglio politico fra gli uomini e le donne: se fuori dalla porta di casa i primi non danno segno di sapere i cambiamenti che hanno segnato le vite private, noi fatichiamo a connotare la nostra presenza pubblica, malgrado l'ampia produzione di pensiero ed esperienza. La girandola di mail ironiche o indignate delle molte donne invitate si è fermata sulla soglia di una proposta di incontro che rimetta a tema i cambiamenti e le persistenze che la diffusione delle biotecnologie produce non solo sull'uomo (come da premessa del seminario CESPE) ma anche sulle donne e sulla relazione fra gli uomini e le donne.

Alle biotecnologie potremmo riconoscere il merito di aver riportato all'attenzione di molte il corpo e la sua storia, ricollocando la differenza sessuale nel suo luogo d'origine. Il corpo femminile ha conosciuto forme feroci di controllo, è stato messo al lavoro ben oltre la riproduzione, la cura, la sessualità e a vantaggio di un solo sesso. La progressiva riduzione dei corpi alla medicina tecnologica è avvenuta sotto questo segno, avendo a modello il corpo femminile: difficile non cogliere la volontà di un controllo estrinseco del processo riproduttivo nelle pratiche di procreazione assistita; e la conferma autoritaria nella proposta di legge in via di approvazione. E molti esempi si possono aggiungere: i trasferimenti di materiale biologico e gli interventi su di esso, la diffusione dei test genetici, i possibili esiti drammatici delle pratiche rianimatorie, le decisioni di fine vita…

Questi interventi rimodellano le relazioni, per esempio parentali, le attese, per esempio la predisposizione genetica alle malattie; producono interrogativi impensati, per esempio se sia vita degna di essere vissuta quella di una persona in stato vegetativo; possono portare a scelte dolorose, per esempio accelerare il processo del morire.
Nei cambiamenti prodotti c'è l'obbligo di scelte faticose e lo spazio per libertà prima sconosciute, il cui esercizio si situa nella incerta distanza fra i valori e i desideri individuali e la rete dei legami affettivi e sociali. Del segno e della misura di queste libertà possiamo ragionare a partire da qualche premessa.

1) le biotecnologie vengono messe in opera all'interno di relazioni fra persone che possono richiamarsi a valori, desideri, interessi non coincidenti e in contesti istituzionali con regole proprie; ai molti conflitti che ne possono nascere dobbiamo guardare riconoscendo legittimità e limiti reciproci. E' un buon esempio il contenzioso aperto nelle coppie non meno che nei parlamenti sulla natura e la sorte degli embrioni concepiti in vitro e crioconservati, anticipazione del figlio desiderato, residuo ambìto dalla ricerca scientifica, fonte di linee cellulari "immortali" potenzialmente terapeutiche. Nei paesi che hanno regolamentato la materia (non l'Italia), è la legge a definirlo e stabilire le tutele: possiamo guardare a questa vicenda solo in relazione al diritto all'interruzione di gravidanza?

2) le biotecnologie hanno costi elevati umani e materiali; il nesso con le risorse disponibili, l'equità nell'accesso, l'omologazione a un modello dominante, una possibile deriva consumistica, riguardano da vicino la nostra civiltà. Mentre in Italia un sessantacinquenne ha un'attesa di vita di 15 anni (grazie anche alle tecnologie mediche) di cui un terzo non autosufficienti, in molti paesi l'attesa di vita alla nascita supera di poco la metà della nostra; il desiderio di giustizia è strettamente connesso a un uso attento delle risorse, anche nel campo delle biotecnologie.

3) l'ingresso nel mercato (e nelle borse) del materiale biologico non è semplice estensione dello scambio contro denaro di una merce insolita; se la materia prima è estratta dai corpi, le possibilità di offesa e abuso e le necessità di tutela andranno ripensate. Dei corpi femminili si è fatto e si continua a fare mercato; consenso, patto, contratto, donazione, sono termini ricorrenti che vanno riempiti di senso.
Le biotecnologie toccano le vite, nelle sue espressioni più felici e più dolorose, parlano di attese e speranze, d'amore e di morte. Per decidere di sé consapevolmente bisogna darsi elementi di conoscenza e predisporre percorsi di riflessione personale e collettiva, lunghi quanto l'esistenza.