Il femminismo e l'incapacità di fare politica
La redazione dei Quaderni viola

Anneli Tiilikainen
L'articolo di Lea Melandri, bello e condivisibile in grande parte, spiega
però quale sia il divieto di transito che impedisce al femminismo di
contare nella politica quanto dovrebbe e potrebbe.
L'insuccesso dei quesiti referendari ha numerose ragioni e qualsiasi
spiegazione monocausale sarebbe deviante. Molte sono già state date: la
sfiducia nella politica, lo stato della coscienza dell'Italia
postberlusconiana, il logoramento dello strumento referendario di cui si è
fatto in passato un uso improprio, l'accresciuto prestigio della Chiesa
contraltare della crisi dell'intellettuale organico……Ciascuna di queste
ragioni meriterebbe un discorso articolato e specifico.
Ciò che Lea ha scritto su Liberazione del 16 giugno consente ora di
toccare un tema, che va ben al di là degli esiti referendari. Il tema è
prima di tutto la difficoltà della sinistra e del mondo laico a misurarsi
con le cose a cui Lea si riferisce; in secondo luogo la misconoscenza,
l'indifferenza, l'oblio nei confronti di ciò che il femminismo su queste
cose ha pensato, praticato e scritto.
Da questo stato di cose deriva un confronto del tutto impari. Da una parte
la Chiesa con la sua sapienza nelle tecniche di potere e con la sua
dimestichezza con i temi della vita e della morte, della generazione, del
rapporto tra i sessi ecc.; dall'altra uno schieramento, le cui componenti
non riescono a diventare un insieme in qualche modo coerente: un mondo
laico a disagio e non esperto; un femminismo, dei femminismi che parlano
con voce troppo bassa per essere uditi e sempre hanno bisogno della
mediazione di quel mondo laico per avere accesso alla politica.
La divergenza con Lea è proprio qui. Noi non crediamo più all'innocenza
del femminismo. Non crediamo che tutto dipenda solo e sempre dalla
misconoscenza, dall'indifferenza e dall'oblio della politica in cui gli
uomini sono maggioranza e direzione. C'è un'incapacità del femminismo di
farsi politica autentica, che potrebbe essere teorizzata con gli strumenti
della psicoanalisi, dell'antropologia e della storia ma che è sotto gli
occhi di tutte e di tutti.
Lea si appella alla complessità, ospite indesiderata e nemica della
politica, ma non spiega così il successo politico della Chiesa che della
semplificazione estrema ha fatto il principale strumento del suo
intervento sull'immaginazione popolare. L'embrione è persona; le persone
non si sopprimono e non si congelano; sulle persone non si fanno
esperimenti. Più semplice di così si muore.
Per quel che ci riguarda rovesceremmo il punto di vista di Lea come segue.
La pratica dei piccoli gruppi non si misura e non può misurasi con la
politica, le cui dimensioni sono delle centinaia di migliaia, dei milioni
e delle decine di milioni. E quando le centinaia di migliaia, i milioni e
le decine di milioni entrano in campo cambiano necessariamente gli
argomenti, il taglio dei discorsi, le pratiche e i linguaggi. La
superiorità della Chiesa consiste nella sua capacità di rendere omaggio
alla complessità in testi esemplari per lucidità e conoscenza e nello
stesso tempo di sapere poi rivolgersi alla gente attraverso "grandi
narrazioni popolari" e la rete capillare dell'associazionismo cattolico e
della parrocchie. In breve nel suo far politica a tutto tondo.
Mesi fa, in un impeto di rabbia autolesionista, avevamo progettato di
inviare a Liberazione un provocatorio "Elogio di Ratzinger". Desideravamo
segnalare alla parte più sensibile e radicale del popolo di sinistra la
profonda conoscenza che un certo ambiente colto vaticano ha del dibattito
femminista, l'acutezza dei giudizi, la capacità di distinguere tra amiche
e nemiche.
E confrontarli con la confusione la pratica dell'orecchiare proprie della
sinistra e del cosiddetto mondo laico. Peccato che tanta abilità sia poi
messa al servizio di una causa profondamente misogina e misogina forse
quanto mai prima per le
cose che Lea ha già scritto e che non c'è alcun bisogno di
riscrivere.
La responsabilità della sinistra non consiste affatto nell'avere troppo
evocato l'astrazione della laicità dello Stato. Non ci sembra che l'abbia
fatto o, comunque, non l'ha fatto nei mezzi di comunicazione che formano
l'opinione del corpo elettorale.
La responsabilità della sinistra consiste nell'aver fatto della laicità
un'astrazione, privandola delle esperienze e delle pratiche che avrebbero
potuto darle corpo. Per dare corpo all'astrazione della laicità, bene
preziosissimo in tempi di pulsioni fondamentaliste delle chiese di diverse
confessioni, servono due movimenti e non uno soltanto.
E' necessario un movimento della politica verso il femminismo, ma è
necessario anche un movimento del femminismo verso la politica. Movimenti
nell'una e nell'altra direzione ci sono già stati e il referendum è stato
utilissimo almeno da questo punto di vista. Ma le cose e i fatti
dimostrano che gli sforzi sono ancora insufficienti.
questo articolo è apparso su
Liberazione del 21 giugno 2005
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