Usciamo dal silenzio
di Lea Melandri


 

Martedì 18 settembre, presso la Libera Università delle donne di Milano, c’è stato il primo incontro di Usciamodalsilenzio, dopo l’estate. Il mio non è un resoconto ma una nota a margine, dettata dal bisogno di raccogliere le idee, anche in vista del proseguimento della discussione che si terrà mercoledì prossimo, 26 settembre, alle ore 20 (esatte!) sempre nella sede di corso Porta Nuova 32.

Parlando del ‘malessere’ che si è avvertito, nel corso di quest’anno, nei laboratori e nelle assemblee di Uds, Paola Redaelli lo attribuiva principalmente alle difficoltà che insorgono quando si affronta il problema della rappresentanza: un problema cruciale, che il femminismo finora non ha affrontato e tanto meno risolto. Legato ad esso c’è il problema della cittadinanza e il rapporto col potere, altra questione spinosa che si affronta di solito con la legge. E c’è l’autoesclusione delle donne, che non sempre è “critica alla politica”. Sono questi i temi che non abbiamo analizzato abbastanza.

Altre ragioni di incomprensione, divergenze, è stata la campagna del “50 e 50e il rapporto con l’Udi, che prevedeva, oltre all’adesione “formale”, la raccolta delle firme per una legge di iniziativa popolare. Al di là del modo, che alcune hanno ritenuto “non trasparente”, e altre invece “democratico”, con cui si è deciso di mettere in piedi un Comitato per la raccolta delle firme, resta l’interrogativo politico se sia più efficace, per portare alla coscienza di molti la ‘storica’ esclusione delle donne dai luoghi decisionali della vita pubblica, una campagna di idee  - documenti (come il “manifesto dei perché”), articoli di giornale, interviste, dibattiti, ecc., o impegnare tante energie su una proposta di legge, che finisce per passare inosservata, o travisata in senso riduttivo (quote, parità, ecc.). In altre parole, dovremmo chiederci che cosa vuol dire incidere a livello istituzionale  - e agire nello spazio pubblico comporta anche questo - senza appiattirsi su percorsi, pratiche istituzionali, quale è appunto una legge. Nel caso della Legge 194 c’era alle spalle di tante manifestazioni e prese di posizione la pratica di anni dei gruppi femministi su corpo, sessualità, maternità, una parola sostanziata di esperienze e di pensiero collettivo che modificava prima di tutto il nostro modo di viverci e rappresentarci il corpo, la relazione con l’uomo, le altre donne, ecc.

Sono convinta che, sul 50 e 50, considerato un elementare principio di civiltà, come abbiamo detto più volte, si possa avviare un discorso sui fondamenti della politica, sulla sua crisi attuale, che fa venire alla luce una “separazione” dalla società, dal quotidiano, dalle persone reali, a cui non è certo estranea la scissione originaria tra uomini e donne, cultura e natura, pubblico e privato, ecc.

Modificare una rappresentazione del mondo che porta segni sempre più chiari del dominio storico del sesso maschile e che tuttavia continua a celarsi dietro la ‘neutralità’, è già politica.

La contrapposizione mazziniana tra “pensiero” e “azione” lasciamola a chi ragiona per dualismi e non ha preso come noi consapevolezza del legame indistricabile tra pensiero e corpo, coscienza e inconscio.

 Ma il “malessere” è stato riportato anche alla delusione conseguente al fatto di aver affrontato con profondità di analisi, forza organizzativa, interventi pubblici, grandi temi al centro oggi della vita sociale e delle agende politiche  - come gli attacchi della Chiesa alla Legge 194, la violenza contro le donne, le elezioni amministrative e politiche, il rapporto con le “elette”- e di non averne poi seguito gli sviluppi, o fatto le verifiche necessarie (Anita Sonego).

Sullo sfondo, come ha detto Susanna Camusso, c’è una storia e un’esperienza personale che molte di noi purtroppo già conoscono: i movimenti partono su “intuizioni”, forti mobilitazioni, ma poi con facilità scompaiono. Si parla molto in questi giorni del V day di Beppe Grillo, di un movimento nato in rete; di Usciamo dal silenzio, nato da una mail, e materializzatosi nelle vie di Milano con una manifestazione di oltre duecentomila persone si parlò poco allora (rispetto a quello che significava), e poi lo si è cancellato. D’altro canto  - dice sempre Susanna-, oggi che la sinistra  nelle sue diverse componenti si sta riorganizzando, le donne “sono centrali”, della loro “presenza” nelle istituzioni si parla molto, ma non sono mai state così “cancellate”.

Proprio perché condivide questa analisi sullo scenario cambiato che abbiamo davanti, Assunta Sarlo ritiene che sia necessaria una pausa di riflessione, un “seminario” per capire meglio che cosa è Uds, come si colloca in questo contesto sociale e politico, quale è la disponibilità di ognuna a farlo esistere, che cosa serve, anche come regole interne, per evitare che si ripetano deleghe, passività di molte, partecipazione a intermittenza. Potrebbe darsi  - aggiunge - che molte di noi, già impegnate in vari ambiti culturali e politici, vogliano concentrare lì loro energie, per cui serve una verifica.

Io penso che questa ‘verifica’ sia utile e che si possa trovare una giornata per discuterne a lungo. Nel frattempo però è importante a breve termine dar seguito alla discussione appena avviata, affrontare il malessere e il desiderio, espresso più o meno esplicitamente da tutte, di ripresa.

La mia convinzione  - e in questo sono d’accordo con Susanna - è che oggi ci sia più che mai bisogno di un movimento di donne, proprio perché stanno avvenendo nell’ambito politico che ci interessa – quello del centro-sinistra - cambiamenti che passano sopra la testa di molti, delle donne in particolare, negoziazioni tra segreterie di partito (tutti rigorosamente uomini), che possono sclerotizzare ancora di più la politica istituzionale.

Un movimento di donne per me vuol dire il luogo in cui è possibile elaborare un pensiero autonomo da modelli precostituiti, saperi e linguaggi segnati storicamente dal protagonismo di un sesso solo, l’opportunità di analizzare a fondo e senza paura le ragioni profonde dell’omologazione, della seduzione che privilegi e poteri esercitano anche sulle donne. Nel medesimo tempo, un movimento significa anche forza collettiva, capacità organizzativa, prontezza di risposta sulle questioni che più ci interessano. Gli obiettivi, come ha detto Susanna, non mancano, a questo ci pensa l’occhio vigilante del Vaticano che, come sappiamo, ha molto a cuore la nostra sorte. Si tratta di ragionare su scelte, priorità, scadenze immediate e tempi lunghi dell’elaborazione, alternando come abbiamo fatto laboratori, dove fare analisi e proposte, e assemblee, per il momento decisionale.

Importante, come è stato detto da molte, è coinvolgere in modo più continuativo gruppi, associazioni o singole che operano in campi diversi, ma che si riconoscono nel percorso collettivo allargato di Usciamodalsilenzio, tentare di definire modalità di rapporto sulla rappresentanza interna, presupponendo che la diversità non voglia sempre dire ‘farsi la guerra’.

 

Arrivederci a mercoledi 26 settembre 2007, presso la LUD –orso di Porta Nuova 32 – ore 20