Josephine Piccolo intervista Vicki Noble


Vicki Noble, sciamana, storica, scrittrice, una delle fondatrici del movimento di Spiritualità Femminile negli USA e ricercatrice delle culture della Dea Madre è reduce da un ciclo di seminari condotti in Italia a metà settembre di quest’anno all’insegna dei tarocchi Mother Peace, e della disseminazione di rituali di guarigione e di trasformazione, a Bolsena e a Vigonza (Padova) e sulla Realtà Ciclica a Bonassola. L’anno scorso invece ha condotto sempre qui in Italia il seminario Donna al Centro (pratiche di shamanic soul retrieval).

Pubblicato nel 1991 il suo libro Shakti Woman (versione italiana, Il risveglio della dea) offre un dettagliato resoconto del risveglio shamanico dell’autrice; della realizzazione con la partner Karen Vogel dei tarocchi Motherpeace improntati alla figura della Dea Madre, come pure innumerevoli squarci sui ruoli femminili nelle culture neolitiche pre-patriarcali.

Negli ultimi dieci anni, attingendo a recenti scavi ed evidenze linguistiche che attestano migrazioni e scambi tra Europa ed il lontano oriente finora ignorati e che anticipano di almeno duemila anni quelli riconosciuti dalla storiografia ufficiale, Vicki Noble ha focalizzato la sua ricerca sulle antiche civiltà matriarcali e matrifocali, tra cui quella delle Amazzoni, che da migliaia di anni affascinano il mondo intero suscitando grande interesse e perplessità. Il suo ultimo libro The Double goddess (versione italiana, La dea doppia), propone infatti collegamenti diretti tra le pratiche shamaniche della vecchia europa e quelle delle donne dell’Asia più remota, fino al Giappone.

Prima della partenza per l’Italia Vicki Noble ha gentilmente concesso la intervista riportata qui di seguito per la pubblicazione sul sito “Libera Università delle donne”. La nostra chiacchierata si è svolta nella sua casa di Aptos, in California, sotto lo sguardo vigile della Dakini nera (in poster) e di un altare totemico dominato dalla civetta.

 

Pina Piccolo: Parlaci di quelle che sono state le principali influenze che ti hanno indotto a scegliere il tuo percorso di vita, della tua evoluzione negli ultimi trent’anni e di quella che è attualmente la tua ricerca.

Vicki Noble: Il mio primo grande risveglio come femminista è avvenuto verso i vent’anni con la mia adesione al movimento conosciuto all’epoca col nome women’s health movement cioè tutte le iniziative che ruotavano attorno alla salute della donna come presa di coscienza femminista. A ventun anni mi capitò di leggere il libro di Kate Millet Sexual Politics e mi accorsi che corrispondeva a quello che provavo, alla mia comprensione dell’universo femminile e mi offriva un’architettura, una struttura mentale che non avevo mai acquisito crescendo nel Midwest americano, priva di un qualsiasi bagaglio intellettuale. Il tutto si manifestò come un’esplosione, anzi un risveglio spirituale, e fu così che presi coscienza della mia situazione e trovai la lingua adatta a capirla ed esprimerla. A quell’epoca ero sposata, poco felicemente, con ufficiale dell’aeronautica, avevo due bambini piccoli, ma poco tempo dopo ottenni il divorzio. Nel 1968 o 69 avevo sentito il giornalista Seymour Hersh che in un programma televisivo parlava del massacro di My Lai, un villaggio in Vietnam, da parte dell’esercito americano e fu proprio quell’episodio a segnare il mio risveglio politico. Mi si aprì il cuore, anzi fu come se come se in contemporanea mi si fossero aperti sia il cuore che la mente. Avevo avuto una sorta di esperienza integrativa e fu così che quando mio marito tornò dal Vietnam non potevamo più neppure toccare l’argomento senza litigare. Lì in Vietnam, non aveva partecipato ai combattimenti. semplicemente costruiva campi da golf per ufficiali, ma comunque secondo lui si trattava di una guerra giusta, mentre per me era una guerra completamente sbagliata, non potevamo in alcun modo dialogare perché si litigava subito. Quindi dopo un periodo di scontro che durò un po’ più di un anno lo lasciai, scoprii il movimento di liberazione femminile e poi quello della salute delle donne, e il mio impegno in quel settore durò fino all’età di 27 o 28 anni. Si trattava di un movimento molto potente e mi buttai anima e corpo nel lavoro organizzativo. Lo feci però nel contesto del movimento delle donne, dichiarandomi apertamente lesbica o bi-sessuale, annunciando a chiare lettere che stavo dalla parte delle donne. Amavo le donne, il genere femminile, si trattava di un risveglio radicale, che attraversava nel profondo la mia dimensione spirituale, l’essenza della mia politica ed identità femminista. Così siamo già verso il 1970-1. Tutto questo accadeva a molte persone in quegli anni, mi trovavo in ottima compagnia. Un periodo veramente emozionante. Fondammo un consultorio ginecologico, ci lanciammo in un sacco di attività nel Colorado e poi insieme alla mia compagna Karen Vogel, nel 1976 mi trasferii a Berkeley, in California, uno dei centri della contestazione giovanile in quegli anni. A questo punto avevo 29 anni. Sebbene fossi attiva nel movimento per la salute ero malata e stressata, i ritmi di un’attivista non conciliano certo alla salute. Non ero assolutamente consapevole della salute del mio proprio corpo, eccezion fatta per la salute ginecologica. Fu solo quando arrivai a Berkeley che iniziai a mangiare verdura e frutta fresca solo a 29 anni  grazie all’intervento di Maudelle Shirek, una donna eccezionale, afroamericana di sinistra che per decenni è stata assessora al comune di Berkeley. Maudelle Shirek è stata per me un angelo, sebbene non si sia mai vantata di essere guaritrice in realtà mi ha portato alla guarigione insistendo costantemente che evitassi i cibi spazzatura. Mi bloccava letteralmente: mi ricordo una volta che stavo per agguantare qualcosa di zuccheroso, e lei con la mano mi ha fermata dicendomi “No, questo ti fa male”.  E al posto dei cibi spazzatura mi offriva alimenti sani tipo riso integrale, pesce fresco, papaya, cibi che non avevo mai visto prima. Ed è da trent’anni ormai che questi alimenti sono alla base della mia dieta, con l’aggiunta di te alle erbe. Mi ha aiutata a guarire dall’ulcera, mi ha fatto andar via completamente il mal di testa, non ne ho mai più avuti. Per me questo è stato importantissimo perché mentre il mio corpo cominciava a guarire decisi di buttar vie tutte le pastiglie alle quali ero ormai assuefatta. Così diedi un taglio a dieci anni di dipendenza da farmaci e improvvisamente tutto mi si aprì. Questo è il periodo di cui parlo in Shakti Woman. Tutto è cominciato attraverso questo mio rifiuto della medicina occidentale. Mi si è spalancato un nuovo mondo per il quale non ero affatta preparata, non avevo un linguaggio che mi consentisse di compredere ciò che mi accadeva: è stata una completa guarigione shamanica, un’esperienza yogica, trasformativa e incredibile. 

Pina Piccolo: Ma avevi letto qualcosa sui processi shamanistici prima di questi episodi?

Vicki Noble: No, proprio niente. Non capivo cosa mi stesse capitando, ma intuivo che si trattava di un’esperienza del sacro. Quando grazie a queste esperienze mi si aprì la coscienza, la presenza del sacro era così forte e diretta da non lasciar dubbi che si trattasse della Dea Madre. Sentivo che tutto era sacro, tutto era molto sicuro e non provavo né paura né allarme per quello mi stava succedendo. È stato in un secondo momento che ho cominciato a leggere libri su queste esperienze. Letteralmente leggevo di un’esperienza descritta con il termine “kundalini” e corrispondeva alla mia, poi leggevo della stessa cosa definita con termini tipo“viaggio shamanico”, trance, visioni e si trattava sempre di un’esperienza che avevo vissuto. Allora cominciai a capire molto velocemente. Ricevevo istruzioni dai sogni su cose particolari. È stata veramente un’esperienza unica. È stato un periodo di tre anni di profondissima apertura e risveglio, che considero il “secondo livello” del mio risveglio spirituale, tenendo conto del femminismo come prima fase di questo processo. Credo che il femminismo sia una religione, è una religione delle donne, poi c’è la spiritualità della Dea e tutto ciò che questo comporta, e lo shamanesimo e la guarigione naturale, l’energia che ho nelle mani e le altre capacità che ne derivano. Tutto ciò costituiva un’altra dimensione ed è stata in realtà alla base del mio lavoro per tutti questi anni. In quei tre anni, Karen ed io eravamo impegnate a realizzare i tarocchi Motherpeace, li finimmo entro il 1981 e cominciai a fare conoscere il mio lavoro e ad acquistare una certa fama per i tarocchi. Per alcuni anni questa costituì la mia attività principale, a questo punto avevo 35-36 anni. In seguito ho iniziato a insegnare lo shamanesimo ed è per questo mio insegnamento che sono adesso conosciuta, è l’etichetta sotto al quale promuovo il mio lavoro. In realtà si è sempre trattato dello stesso lavoro per gli ultimi trenta anni, magari cambia l’abito, si cambiano un po’ i costumi ma il materiale è sempre uguale.

… Per circa un decennio ho fatto la guaritrice, da quando avevo 37 anni fino a 48-9 anni. Posseggo una grande capacità, un grande energia nelle mani e come guaritrice e ho elaborato un rito collettivo di guarigione che adopero quando faccio i seminari con le donne in Italia. È una cosa che propongo sempre perché ti permette di lasciare dietro i discorsi astrusi e la mente e ti mette in contatto diretto  con l’esperienza dell’energia, delle vibrazioni. A livello di insegnamento è più efficace delle parole, e poi è potente proprio come trattamento: è in grado di far guarire perfino i tumori al cervello e tante altre malattie che sono spesso nella fase terminale. È proprio il rituale di guarigione che è capace di farle regredire, ed è quindi una forma molto potente. Ma negli ultimi dieci anni non interessa più a nessuno. C’è una grande fiducia nella medicina occidentale e quindi tutti vanno dal medico a prescindere dai risultati. Sono ancora sotto choc per come stanno andando le cose.

[Sebbene nella medicina occidentale si parli dell’integrazione di rimedi a base di erbe…] e ci sia un aumento nella diffusione della medicina complementare, sono convinta che stiano risucchiando l’energia femminile, la stiano sterilizzando ed astraendo, la astraggono e la estraggono come fanno per gli estratti sintetizzati (sintetici) in cui si estrae un unico ingrediente da una medicina naturale molto più complessa. Ecco quello che credo stia accadendo. Stanno prelevando attraverso sintesi ciò di cui hanno bisogno. Ad esempio, negli ultimi anni il National Health Institute offre molti fondi in a chi svolge ricerche nel campo della medicina alternativa, compresi ad alcuni erboristi e altre persone con le quali mi tengo in contatto da tre decenni. Li finanziano perché conducano delle ricerche in cui si sottopone la medicina alternativa a prove usando test in doppio cieco, cioè con la stessa procedura utilizzata per testare la medicina allopatica. E sono gli stessi esperti di medicina alternativa a chiedere questi test.  Hanno dato un sacco di soldi a una erborista di grande fama che ho conosciuto di recente perché facesse da supervisore a uno studio condotto dal National Institute for Health. La ricerca prevede che si esamini una pianta che possiede proprietà in grado di alleviare la nausea e la perdita di capelli associati alla chemioterapia. Quindi non è che studiano le piante che possono curare il cancro, studiano quelle piante che possono agire da sostegno alle loro orribili terapie. E naturalmente sostengono l’industria farmaceutica perché sono loro che hanno i soldi e che quindi garantiscono fondi a chi fa ricerche che a loro volta danno risultati a loro favore. Quindi non tutto quello che sembra favorire il movimento per la medicina alternativa è in realtà tanto vantaggioso per noi….

Io ho smesso di fare il lavoro [di guaritrice] perché la gente ha smesso di utilizzare questo tipo di medicina. Un tempo il mio lavoro riguardava direttamente il corpo, facevo lavoro di guarigione con persone affette da cancro che avevano deciso di utilizzare metodi naturali per guarire. Quindi mi proponevo come guaritrice principale. Erano esperienze molto potenti, interessanti ed efficaci, ma adesso la gente cerca solo la medicina complementare, vuole usare sia quella naturale che quella convenzionale. Non si possono però utilizzare entrambi i tipi di terapia insieme: chi fa così non fa altro che affidarsi alla medicina occidentale supportata da medicine alternative che alleviano gli orribili effetti provocati dalla prima, non seguono affatto una terapia naturale. Per seguire la medicina naturale, bisognerebbe andare nei boschi, mangiare funghi e fare aprire il cervello.  Le sostanze che ti servono per guarire te le trovi da sola e la guaritrice ti aiuta a trovare il tuo punto di ingresso specifico in modo da facilitarti l’accesso ad un’altra dimensione. È il malato che deve entrare in contatto con un’altra dimensione se vuole che la medicina alternativa funzioni, altrimenti non ha proprio nessuna efficacia.  Non è abbastanza forte per curare i problemi acuti, particolarmente quando la gente ha in testa il confronto  con la chemioterapia o la penicillina. Il metodo naturale è completamente diverso.  Prevede un rilascio sistemico del problema, bisogna che venga abbandonata la “struttura” (pattern) che provoca il problema, gli shamani e le shamane di tutto il mondo non fanno altro che aiutare ad eliminare questa struttura malata di fondo. In passato ero solita celebrare un rito di guarigione nell’ambito del Festival della Musica Femminile nel Michigan. Insegnavo per cinque giorni, raccogliendo 100 donne come partecipanti insieme a Ubaka Hill una bravisima guaritrice e suonatrice di tamburo africana, che insegnava percussione e Kay Gardner che insegnava canto e canto ritmico (una specie di salmodia) come medicina. L’ultimo giorno del festival celebravamo un rito veramente grandioso, sul palcoscenico acustico. Arrivavano tutte le donne con varie malattie e malanni, donne calve che avevano perso i capelli a causa della chemio, etc. si stendevano per terra e noi celebravamo un rito di guarigione davvero potente. Ebbene, un anno, nel bel mezzo del rito, mentre circolavo tra le donne stese per toccarle, stendere le mani su di esse con intenzione guaritiva e le altre donne invece tutte attorno suonavano il tamburo e cantavano ininterrottamente da almeno un’ora, ed eravamo tutte immerse in un’altra dimensione, non pensando più alle cause delle loro malattie, mi sono sentita una voce dentro che mi diceva: “Lascia che il ritmo liberi la struttura, lascia che il ritmo liberi la struttura”. È stato davvero emozionante perché improvvisamente ho capito tutto. È stato sconvolgente. Ho capito che la struttura profonda della malattia va liberata perché non si lascia trattare, è precisamente per questo motivo che non si guarisce. Ma esiste anche una struttura profonda che è quella giusta, quella della salute e che si può risvegliare, e per farla emergere basta un’energia vibrazionale focalizzata. Quindi maggiore il numero di partecipanti al rito, maggiore la sua forza.

Nel corso degli anni ho condotto molte ricerche e ho scoperto che lo shamanesimo è vivo ancora oggi in popolazioni come gli Shibibo del Perù che descrivono la malattia come l’instaurarsi di una struttura, di  un pattern negativo. Gli shamani dicono che mentre alzano canti sopra il corpo del malato gli stendono addosso una nuova struttura, questo concetto mi era completamente nuovo. Secondo me, bisogna lasciare spazio a questo tipo di comunicazione non razionale, all’apprendimento di un sapere e di una conoscenza non razionale. E invece la scienza, con il suo tentativo di incorporare la medicina alternativa sta andando in tutt’altra direzione. Credo che sia davvero un peccato perché sono specialmente le donne e i cosiddetti “popoli primitivi”  ad avere ancora radici profonde nella terra e quindi ad essere in grado di eseguire riti shamanici. E, all’interno di questa categoria, sono soprattutto le donne a non essere condizionate dal pensiero lineare. Pare che le donne di tutto il mondo non siano troppo scandalizzate all’idea di parlare con gli spiriti, di avere un dialogo in qualche modo aperto con un’altra dimensione... Ma questa società le deride, la gente dice che le voci che sentono sono solo una fantasia o che immaginano ci sia qualcosa che gli sta seduta sul torace o che la casa stia tremando. La scienza non convalida la loro esperienza, anzi quando riesce a metterci le grinfie addosso non fa che sconfessarla. Era meglio quando queste esperienze venivano semplicemente demonizzate, adesso invece vengono rubate, gli viene succhiata via l’essenza che viene poi risputata in una pseudoforma, come stanno facendo per tante altre cose. Io non lo vedo affatto come progresso.  Lo so chè è un punto di vista poco popolare, quindi non ne parlo spesso, ma il risultato è che non faccio più tanti riti di guarigione diretta… Non ci troviamo in periodo propizio per impegnarci in questo tipo di attività, ma allo stesso tempo è sempre lì presente nel nostro corpo. Sono sempre in grado di celebrare un rituale di guarigione purchè la persona sia presente e intenzionata a farlo, e posso averne esperienza diretta. A volte vedo gente piangere dall’emozione perché non ha mai avuto un’esperienza del genere.  Le donne più giovani non hanno mai partecipato in un rito pagano, non hanno mai avuto l’esperienza di un BOOM energetico che ti apre il cuore ed il campo. È veramente un peccato, e lo stesso vale per le levatrici, le quali non capiscono cosa sia il kundalini, e quindi non si rendono conto di ciò che manca oggi nel processo di nascita. Nel parto, come lo facevamo noi un tempo, c’era sempre un momento in cui si scatenava una grandissima quantità di kundalini e che tutti i presenti ne erano inondati al punto di sentirsi esaltati.

,,, ma adesso le levatrici che incontro quando vado da una partoriente che vuole partorire in casa, e ci sono andata diverse volte in questi ultimi dieci anni, nessuna di loro ha mai avuto questa esperienza di essere su di giri perché è finita che ognuna di esse è andata a partorire in ospedale con il cesareo. Una volta che me ne stavo seduta con una di queste levatrici ad aspettare fuori dalla sala operatoria, le dissi, ” Mi sento veramente distrutta”, e noi non ci sentivamo mica così  quando c’era un parto a cui assistere. Potevamo stare con la partoriente anche per 48 ore però alla fine non ti sentivi completamente esaurita. Eravamo euforiche, piene di giubilo. Ma questa levatrice mi fa, “Non ti preoccupare, sentirai una sensazione di sollievo una volta che il bimbo viene fuori”. Non ci potevo credere, non aveva assolutamente idea di quello che avevo detto.  Io mi riferivo ad un’esperienza energetica , mica parlavo di un sollievo che puoi provare una volta che il bimbo è nato. Non parlavo di un’idea ma di tutta un’esperienza di spirito e di corpo. Mi riferivo ad un’esperienza integrativa, liberatoria che ti faceva sentire completamente sveglia anche se non avevi dormito per 48 ore. Quindi mi rendo conto che adesso le levatrici queste cose non le sanno più. È un’arte che si è persa…   ….Nelle culture native invece parlano ancora della “porta” iniziatica rappresentata dalla nascita come esperienza per la partoriente. Prima c’è il menarche e una donna comincia a ritrovarsi nel proprio corpo in maniera trasformativa, ma è veramente il parto che ti trasforma in una guerriera amazzone. Questo è riconosciuto nelle culture il cui in parto avviene ancora in maniera naturale, ma non accade più tanto spesso.

 

Pina Piccolo In linea con ciò che hai detto, il rapido sviluppo della tecnologia nell’ultimo secolo ha avuto molte ripercussioni sulla sessualità femminile e la riproduzione. Come li vedi questi mutamenti?

 

Vicki Noble: È terribile, credo che sia stata proprio una catastrofe. Insomma, per farla breve, se vogliamo sapere cosa ci stia alla radice, se è una cosa extraterrestre etc., io credo che ci troviamo davanti ad una intelligenza altra all’opera in questo pianeta, e credo che il patriarcato in un certo modo ne faccia parte. E tutto ciò che è tecnologico lo è sempre stato, sin dall’inizio quando gli uomini presero in mano le redini. Dicono sia cominciato con l’aratro, appena si utilizzò l’aratro si riuscì a produrre più di quanto la terra non riuscisse a dare spontaneamente, poi ci furono i disboscamenti, proprio fin dall’inizio del patriarcato, cinquemila anni fa. Dapprima c’è stato l’abbattimento degli alberi sacri e da allora in poi non è stato diverso, si è soltanto raffinata come tecnica. Io considero il computer il corpo visibile di ciò che si sta incarnando qui. La percepisco come una forza intelligente che sta cercando di incarnarsi in questo pianeta, una forza altra, non una forma di vita biologica, non è una forma di vita basata sul carbonio come siamo noi. Si tratta di una forza avversa e parassitica e che un proprio scopo intelligente e che sta rimpiazzando tutto ciò che è naturale.  Quindi possiamo dire che è una forma di vita basata sul silicone in opposizione a una forma di vita basata sul carbonio. Ciò a cui assistiamo con la tecnologia è una riproduzione che si evolve e cresce in continuazione ed ha un grande successo, in un certo senso. …. La scienza e la nostra concezione popolare della scienza è anch`essa euforica. Ha il linguaggio di una religione, fortissima ed euforica. Vengono presentate solo le previsioni più rosee, la scienza salverà tutto, risolverà tutti i problemi. Ma non mantiene mai quello che promette, fa peggiorare i problemi, infatti è la scienza stessa ad essere il problema.  Possiede però un linguaggio seduttivo, sono convinta che la gente si lasci sedurre dal linguaggio della scienza. ….. È proprio la tecnologia che sta distruggendo tutto, mi pare ovvio. Che tipo di tecnologia abbiamo mai che non sia distruttiva?

… E questo processo negativo riguarda tutto, stiamo risucchiando l’elemento naturale dal mondo, ma la cosa si ritorce contro di noi alla grande, naturalmente perché non si scappa da causa ed effetto. Su questo pianeta tutto è naturale, viviamo dentro la natura, ma se la risucchiamo succede poi che ci si ritorce contro, è semplice. Quando mio figlio era piccolo c’era un film che si chiamava “La storia infinita”. Il Niente si sta mangiando tutto. Beh, questo Niente è l’America, e adesso l’America è tutto il mondo, tutto il mondo è l’America, è incredibile, il Niente si sta mangiando tutto, stiamo assistendo all’avverarsi di quella trama.  Io sono convinta che tutto debba crollare, e di sicuro sta crollando… sta crollando a gran velocità e tutte quelle sciocche previsioni che entro cinquanta anni si dovrà rinunciare alle emissioni carboniche, come se avessimo veramente 50 anni per pensarci, è già un miracolo se ne abbiamo cinque per fare qualcosa. Sta accadendo sotto i nostri occhi e la maggior parte della gente non ci fa caso o ha mille modi per non affrontare la paura che tutto questo incute… Ma la natura ha una grande potenza rigenerativa, sa ciò che deve fare, proprio come il nostro corpo. Adesso sento di essere in contatto con la mia gioia, ho ritrovato la mia base, non devo prodigarmi a salvare il mondo. Il mondo non vuole essere salvato, davvero, siamo alla fine di qualcosa. Siamo alla fine di un’epoca. Credo che la spiritualità possa offrire una certa comprensione dei clicli umani, della rincarnazione, etc. Allora, un giorno mi sono chiesta, “Come mai non hai applicato questo pensiero al mondo? Eh va bene, io morirò , e per me va bene che tutti si muoia, che la nostra esperienza con il corpo termini e che poi ci avviamo verso altre esperienze.  Questo lo capisco, l’ho incorporato nella mia coscienza, ma perché allora faccio tanta fatica a integrare lo stesso concetto ad un livello più alto?” Naturalmente tutte le epoche vengono a termine. Secondo i Maya questo mondo finirà nel 2012, credo che sia accurata come stima del tempo che ci rimane. Sono anche astrologa e tengo d’occhio molte cose anche da quel punto di vista. Una delle cose che sta accadendo adesso è che Plutone sta uscendo da Sagittario e sta entrando in Capricorno. Plutone sta sempre alla fine ed è molto simile ad un vulcano, dà vita a mutamenti molto profondi, metamorfici. Il transito in Sagittario ha significato tutti quegli scandali che sono emersi, la destra integralista negli USA. Che queste cose si sarebbero verificate era previsto perché Plutone era in Sagittario, il segno della religione della filosofia e quindi non cè da stupirsi che ci troviamo davanti l’integralismo cristiano, la guerra, le guerre religiose. Ma il segno di Capricorno ha a che fare con la forma e le strutture, con i soldi ed il sistema capitalista corporativo. Quindi questo transito di Plutone in Capricorno segnala la fine. Plutone transiterà in Capricorno per molti anni, non succederà subito, però già si incomincia ad intravedere con quello che succede in Borsa. Il tutto si sta dipanando, e perché mai non dovrebbe? È fatto di aria, un castello di carte, semmai è incredibile che ci abbia messo tanto, ma chiaramente tutto il processo è iniziato. Plutone prima entra in Capricorno poi si ritrae un po’ il prossimo anno, poi rienta di nuovo portandosi giù tutta la struttura del capitalismo corporativo. Non so quello che significherà per noi. Io mi sento bene allineata con questi sviluppi. È da anni che sento il desiderio che tutto crolli… Non credo che questo crollo in sé sarà una cosa liberatoria  ma sono convinta che il modo in cui la gente lo affronterà potrebbe esserlo. Avere la libertà di una risposta nostra ad eventi senza precedenti è di per sé liberatorio.  Ci sarà grande sofferenza, una sofferenza inimmaginabile. È ciò che sostengono tutti i grandi maestri spirituali, almeno quelli che sono svegli. …. Dovremo essere ben saldi ed ancorati nella nostra essenza di spiritualità perché ci sarà bisogno di noi, ci sarà bisogno di gente spiritualmente viva e ancorata…. Per anni ho insegnato ai miei studenti, “Essere un guaritore o una guaritrice significa fare da parafulmine, disponiamo di una gran quantità di energia ma deve essere canalizzata attraverso qualcosa per focalizzarsi sul pianeta, e quel qualcosa siamo noi. Se diventi guaritrice devi sforzarti di essere presente nel tuo corpo, anche in un terremoto, anche quando succedono cose terrificanti devi sforzarti di restare, non lasciarti andare. A noi donne è stato insegnato di lasciare i nostri corpi, dobbiamo fare uno sforzo immane perché ci hanno condizionato a fare il contrario, a prendere il volo per salvare o essere salvate, per cui sia in un caso sia nell’altro non stiamo mai ancorate e non occupiamo mai un nostro spazio”. Per questo motivo, una delle cose che faccio da almeno cinque anni è l’insegnanmento di pratiche tibetane di mandala. Si tratta di prendere gli insegnamenti sulle Dakini, che sono in realtà molto complesse, e semplificarle in maniera radicale per i miei studenti che non sono interessati a diventare buddisti.  Sono convinta che le donne necessitino di un metodo per riappropriarsi del loro corpo, per trovare il proprio baricentro e io cerco di insegnarglielo. Quello che vedi qui è un “altarino” che ho fatto per i miei studenti che vengono a studiare privatamente da me, una delle mie maggiori attività. Trasmetto loro una pratica molto semplice per cui ho scritto le parole in inglese per chi non capisce la lingua del Tibet. Invoco le 5 dakini che rappresentano i quattro elementi e il centro, proprio come fanno i pagani in tutto il mondo. Questa pratica di mandala la si fa e si è fatta dappertutto, dalla notte dei tempi, è il modo in cui facciamo le cose su questo pianeta. È meraviglioso perché si tratta di una cosa semplice ma molto potente, non richiede niente, non c’è nemmeno bisogno di candele , ma sono utili come sussidi esterni perché in realtà si tratta di visualizzazione. Faccio realizzare ai miei studenti un collage come sostegno alla pratica della meditazione. Quelli che vedi qui sono i miei e sono uno diverso dall’altro, ma come vedi hanno tutti la stessa struttura, il bianco al centro, il blu verso est, il giallo verso sud, il rosso verso ovest  e il verde verso nord. Passiamo tutta la giornata altamente concentrate su questo processo di immaginazione, visualizzazione e magia. Cerchiamo di riprenderci tutto quello che le agenzie pubblicitarie hanno estratto dalla nostra energia, dai nostri corpi e dal nostro look, da tutto quello che siamo. Ci hanno sottratto tutto e credo che dobbiamo riprenderci ciò che ci hanno tolto.  Nel buddismo chiamano questa pratica “yoga della divinità”: tracci l’immagine della divinità e poi esegui una pratica che ti aiuta a identificarti con essa, e presto cessa di esserci qualsiasi separazione tra chi pratica e la divinità. È una cosa legata alla vibrazione ed è veramente bella. Allora con questi collage ci riprendiamo tutte le immagini di donne moderne, come pure quelle provenienti dalle diverse civiltà della Dea Madre, e le mettiamo una accanto all’altra. Secondo le credenze buddiste, la Dakini, la dea tibetana, s’incarna in forma di donna. Quando si manifesta in forma umana potrebbe essere qualsiasi donna, potresti essere tu o potrei essere io.  Il lavoro che faccio con i miei studenti  è di insegnare loro a non svalutare le modelle, a non buttarle via, quando le disprezzi e rifiuti di riconoscerle le cose si complicano. Smetti di entrare in relazione con le immagini di donna che ci circondano e questa incapacità a relazionarsi si annida poi in qualche livello della nostra coscienza e si manifesta in maniera strana. È più importante che diciamo, “No, non è diversa da noi” e di passare all’identificazione , “Io sono lei, non sono diversa da lei. È tutto bello, è tutto mio, è nostro e ce l’hanno rubato, ogni pezzettino, ce l’hanno tolto o demonizzato e ne hanno fatto quello che hanno voluto. Ma questo ormai non conta, noi ce lo possiamo riprendere perché ci appartiene”…

 

Pina Piccolo Nel libro Shakti Woman e ne La Dea Doppia dipingi la visione di come potrebbero essere vissute le donne in un passato molto remoto, prima che il patriarcato s’insediasse nel mondo. Quali sono stati i tuoi più importanti banchi di prova nell’accedere a dati obiettivi che riguardano quei tempi e a quelli che invece ti vengono direttamente dal corpo come intuizione?

 

Vicki Noble: Ancor prima di scrivere La Dea Doppia  abbiamo disegnato i tarocchi di Motherpeace proprio per accedere a questa dimensione del passato. Quando mi è venuta la prima carta disegnavo perché mi avevano detto che disegnare fa bene agli occhi. Ho incominciato a disegnare in un album quelle che immaginavo essere donne delle antiche civiltà della Dea. Disegnavo per lo più donne e bambini, capanne e sassi disposti in cerchio. Ho iniziato a disegnare molte donne africane e poi la mia prima carta. Beh, ho pensato, perché non fare le carte dei tarocchi?!” Proprio in quei giorni me ne avevano regalato un mazzo, quello di Waite, non ne avevo mai visto uno prima. Sebbene fosse una interpretazione piuttosto sterile dei tarocchi, quando me lo diedero, la mia prima reazione fu, “È incredibile, in queste carte si vede proprio la presenza della Dea Madre!” Vedevo e sentivo che era una cosa entusiasmante. Fu così che decisi di fare una carta del tarocco il Sei di bastoni. Ci disegnai una donna africana. Era una situazione un po’ delicata nel senso pur non essendo una donna africana ero convinta che quella esperienza potesse essere parte di me, potevo essere stata africana in una incarnazione precedente anche se adesso ero una ragazza bianca dell’Iowa con limitato accesso all’esperienza di essere africana o afro-americana. Perciò era davvero strano che mi venissero queste immagini di donne africane, con i capelli crespi, etc. Ero preoccupata che questa cosa potesse essere interpretata come un’appropriazione culturale , ma allo stesso tempo sentivo che era un’intuizione genuina e forte e che avrebbe avuto un esito positivo. Così ho continuato a  disegnare e tutto il seme di bastoni ha immagini africane, poi abbiamo fatto tutte le altre carte ed è stata davvero una bella esperienza. Ma una volta che le carte furono messe in commercio cominciai a preoccuparmi di nuovo per come sarebbero state accolte. Ma non vi furono affatto problemi, anzi ricevetti lettere da donne nere che erano molto contente che avessimo cercato di fare un mazzo multiculturale e multirazziale. A quell’epoca eravamo già immerse in questa questione: studiavamo le diverse culture del mondo sforzandoci di riportare all’attualità le comunità pre-patriarcali.  Eravamo in grado di accedere a tutto, dal profondo di noi stesse. Credo di essere stata guidata, che queste informazioni mi provenissero da una parte profonda di me senza passare per il cervello. Questo è stato il mio modo di procedere per Motherpeace. Per me è stato quasi sempre così: prima mi arriva l’esperienza, un’apertura, un impulso, qualcosa succede prima e poi scopro di che cosa si tratta. Posso dire di essere una studiosa nel senso che amo studiare e fare ricerche e indagare, però solo dopo essere stata colpita da un’esperienza o intuizione. C’è sempre una visione catalizzatrice che si presenta prima.  È stato così per Shakti Woman. La figura di Shakti Woman, e la sua struttura come libro mi sono venuti in sogno. E per La Dea Doppia , tutto il presupposto  che esiste un collegamento tra le shamane del mediterraneo e dell’Africa e le donne yogini e le divinità Dakini asiatiche, mi è arrivato in una visione. Mi è capitato un paio di volte, in occasioni diverse. Anche a me sembrava eccezionale ma poco probabile. Partecipavo ad un rito buddista nell’ambito di un ritiro spirituale in Colorado organizzato da Tsultrim Allione, la persona da cui avevo ricevuto le pratiche delle Dakini originariamente.  C’era lì un lama che insegnava un seminario chiamato “Il riso della Dakini, una pratica per la Dakini nera”, ma questo lama non si rivolgeva mai alle donne. Quindi per tutta la settimana ero stata piuttosto irritata da questo atteggiamento, e poi la sera dell’eclissi lunare venne organizzato un rituale molto bello. L’obiettivo era quello di consacrare lo Stupa, quindi ci partecipavamo tutte. Era un momento magico e la mia amica italiana che era in visita aveva una macchina fotografica e disse, “Guarda cosa sta succedendo!”. Il fuoco sull’altare proiettava ombre su una thangka che era stata appesa dietro lo Stupa. Le ombre riportavano esattamente le sagome delle due statuette cretesi della dea con il serpente, sia quella con il grande cappello che sta con le braccia sui fianchi sia l’altra che sta a braccia spalancate. Era ovvio che fossero proprio loro, che si stagliavano perfettamente definite contro la thangka. Come parte del rituale dovevamo andare in giro con un vassoio pieno di cibi perché era anche un banchetto, e mentre giravo con il vassoio indicavo a tutte le donne le due ombre, così tutte le poterono vedere. È stato davvero bello. Così alla fine ripetevo tra me e me, ”Ma qual è il collegamento? Stiamo celebrando un rito dedicato alla Tara bianca e si presenta a noi la dea cretese con il serpente, qual è il collegamento tra le due cose?”  E così passai i prossimi cinque anni a cercare di unire i trattini, a tracciare la linea per collegare l’una all’altra. Scoprivo sempre un maggior numero di elementi che rendevano esplicito il collegamento, non che ci fosse stato solo qualche lontano contatto culturale, ma che ci fossero state migrazioni vere e proprie, il che’ sarebbe confermato dalle migrazioni di ritorno di cui parla Cavalli Sforza, e dalle mummie caucasoidi che hanno rinvenuto in Cina.  I cinesi non erano esattamente entusiasti di questo ritrovamento e per un po’ non ne hanno parlato, e così ci è voluto un po’ di tempo perché si spargesse la voce. La linguista Elizabeth Weyland Barber e gli archeologi, insieme o individualmente, hanno dimostrato che si trattava di corpi mummificati appartenenti a persone che erano migrate dalla zona del Mar Nero. Erano migrati dalla Vecchia Europa, è stupefacente! Questi migranti si erano spostati attorno al 2000 AC portando con è le loro arti tessili in Cina. È stato infatti un esperto di tessili che ha sistemato l’ultimo pezzo del puzzle…

In termini di informazioni che si rifanno a dati obiettivi, ho avuto molti problemi a mettermi in contatto con studiosi all’interno della disciplina archeologica canonica che potrebbero rendersi conto dell’importanza delle mie conoscenze, che sono esatte e colpiscono il bersaglio. Pur non essendo né archeologa né linguista sono in possesso di informazioni che sono la chiave di tante discussioni che si stanno svolgendo nei loro rispettivi campi e nei loro convegni. Questo pezzo del puzzle gli manca, parlano sempre del pezzo mancante. E io a gridare, “Ce l’ho io! Ce l’ho io!”, e  le cose vanno così ormai da anni. … Questo è incominciato a succedere quando lavoravo alla Doppia Dea, probabilmente nel 2000. Ho incominciato a capirlo, così ho contattato un’amica di Los Angeles che faceva parte del circolo di Marja Gimbutas (si chiama Miriam Robbins Dexter ed ha curato l’ultimo libro, quello postumo della Gimbutas). È una studiosa molto capace che lavora all’Università di Los Angeles, è linguista ed è uno dei redattori della rivista The IndoEuropan Journal e di altre importanti pubblicazioni.  La persona che dovevo contattare era uno degli esperti di storia indoeuropea che stava indagando sulle mummie ritrovate in Cina e che aveva scritto dei saggi sull’argomento. Quando li ho letti sono rimasta completamente sbalordita, quindi sapendo che Miriam lo conosceva le chiesi di venire su a trovarmi così che avrei comunicato ciò che sapevo. Venne su immediatamente e ci trovammo subito bene a livello di ricerca ed interessi, per cui decidemmo di “unire i nostri cervelli” e lavorare a saggi paralleli che alla fine furono incorporati nel mio libro.  Presentammo questi interventi a un convegno tenutosi a Bogliasco nel 2002, ma i miei interventi non sono stati ancora pubblicati, purtroppo… Erano tutti centrati sull’idea della Grande Inondazione del Mar Nero, descritta in un libro pubblicato nel 1998 da due oceanografi, Walter Pitman e William Ryan, intitolato “Noah’s Flood – The New Scientific Discoveries about the Event that Changed History” (la versione italiana è intitolata Il Diluvio) È stato un libro molto importante e Miriam è riuscita a invitare William Ryan al convegno. Così tutte abbiamo lavorato all’idea dell’inondazione del Mar Nero nel 6000 AC che era stata responsabile per le migrazioni ed altri fenomeni a cui eravamo interessate. Il mio saggio lo scrissi su Medea, la shamana, la prototipica shamana, perché aveva legami dal Caucaso all’Argolide… Ho dimostrato che si era arrivati ad una specie di amalgama di shamana che, nella figura della shamane delle isole egee dell’Età del Bronzo fondeva influenze dall’Asia, Africa ed Europa. Che si trattasse di un amalgama era una cosa esilarante, scoprire che per esempio le Menadi fossero simili alle yogini, ma non solo per casuali somiglianze ma perché in realtà c’erano stati viaggi, contatti e altri collegamenti che ne avevano determinato la figura.  E scoprire che le Amazzoni dell’Asia Centrale siano state il trait d’union in un certo senso. Il mio intervento trattava di questo. Miriam tradusse tutti i riferimenti a Medea e decostruì la mitologia su Medea utilizzando il mio intervento come sostegno alle sue ipotesi e io feci altrettanto con il suo. In seguito ne parlai con Victor Mair, l’esperto che studiava le mummie, e questi ha confermato la validità del mio lavoro. Alla fine ce l’avevo fatta, però avevo impiegato degli anni a far convalidare da un esperto del settore delle informazioni che avevo ottenuto con una metodologia non razionale...

… Nel New College di San Francisco dove insegno Shamanesimo femminile antico e contemporaneo, nell’ambito del Programma di Spiritualità Femmminile, trasmetto la pratica delle Dakini nei miei corsi di livello superiore. Insegno una forma che si chiama “recupero dell’anima” una pratica in cui si invitano a tornare le energie che sono state spezzate, sprecate o rubate; è una forma di guarigione per mezzo di vibrazione. L’anno scorso ho invitato l’antropologa Barbara Tedlock a fare una conferenza. Sono anni che utilizzo i suoi studi. I primi anni questa studiosa ha lavorato sul calendario Maya, un campo un po’ più esoterico, ma di recente ha pubblicato il libro, The Woman in the Shaman’s Body, (La donna nel corpo di shamana). È l’unica altra studiosa oltre a me che ha focalizzato le sue ricerche sulle shamane e le pubblica, quindi ci siamo messe in contatto e continuiamo a collaborare, lei viene a fare conferenze nei miei corsi e cerchiamo altri modi per scambiarci informazioni e forse collaborare a qualcosa di più grande.

… Io ho appena finito di scrivere la mia tesi di Master per il New College, infatti mi hanno dato una borsa di studio che mi ha permesso di conseguire un Master non in Spiritualità femminile (d’altronde sono una delle fondatrici, quindi mi sarebbe difficile trovare la relatrice) ma in Arte. Il mese scorso ho consegnato la mia tesi sulle arti tessili e la cultura femminile, il modo in cui quest’ultima viene espressa attraverso i tessuti in tutte le parti del mondo, il suo essere residuo di uno stile di vita antico in cui le donne erano al centro. Una scoperta interessante al riguardo è che le donne acquisiscono il modello da seguire nella tessitura ingerendo delle piante officinali, un fenomeno che si verifica in tutte le parti del mondo. Le donne dicono che sono le medicine che ingeriscono a suggerirgli i modelli e che loro semplicemente li eseguono.  Questo è il modo in cui le donne Huichol ottengono i disegni, lo stesso vale anche per le donne in Asia, è un processo affascinante. La tesi l’ho appena consegnata, ma spero di trovare una casa editrice interessata poi a pubblicarla e venderla, non tanto a persone interessate in storia o archeologia, ma come libro d’arte.

 

Pina Piccolo Che significato attribuisci alle parole “matriarcato” e “matrifocale”?

Vicki Noble: Matriarcato vuol dire letteralmente “che inizia con la madre”. Lo dico sempre , e l’ho scritto in Shakti Woman e nel libro che accompagna Motherpeace anche s ele femministe americane non apprezzano molto questo termine, cercano di evitarlo e di usare altre parole. Io ho sempre pensato che fosse la parola perfetta, che descrive la verità. L’immagine che mi viene in mente è quella di una donna incinta di gemelli, un maschio e una femmina, la Madre Dea come sapete ama entrambi, nascono da lei, lei ne è la fonte. Il matriarcato non è altro che questo, è totalmente egalitario, non c’è mai stata una società matriarcale in cui le donne hanno fatto da dominatrici, non si fa, non è nella natura di quel tipo di società. Si tratta semplicemente di donne al centro, una società centrata sulle donne, questa è la parola che mi piace. E mi piace il modo in cui viene descritta dalle società matriarcali moderne, hanno tutti modi diversi per dirlo, ma tutti parlano della madre come colonna, pilastro della società, è la colonna della casa, la madre ancestrale è rappresentata da una colonna. È veramente favoloso, da quando la studiosa Heide Goettner Abendroth organizza convegni sul matriarcato abbiamo un quadro delle società matriarcali odierne, perché adesso abbiamo dei veri componenti di società  matriarcali con cui poter dialogare. Negli ultimi trent’anni con gli antropologhi negli USA non se ne poteva parlare, erano intrattabili.  Ci congedavano senza tante cerimonie dicendo,” Non esiste alcuna evidenza dell’esistenza di culture matriarcali viventi, quindi non potete affermare che ce ne siano mai state”. Per cui, via! Marjia Gimbutas cancellata con un colpo di spugna. Adesso improvvisamente assistiamo alla comparsa di tante società matriarcali le quali non esitano a dire, “Sì, siamo un matriarcato, lo siamo sempre stati nella nostra società”.

Pina Piccolo Ci potresti fornire degli esempi?

Vicki Noble: Sì, i Mosuo in Cina, fanno parte del popolo Na, un gruppo etnico più vasto. Esistono molti gruppi matriarcali nel Sud est asiatico come pure nel Sud ovest. E poi ci sono i Maninkabau, che dicono di essere un gruppo matriarcale. Sono anche islamici, è una cosa strana ma interessante, anche loro usano termini tipo la madre come palo, la legge della madre, la legge della madre come “adat”, questo è il loro costume, è quello che in effetti seguono e l’Islam costituisce un solco parallelo. Pare che gli uomini celebrino cerimonie islamiche mentre le donne celebrano le proprie. Nella mia tesi ho detto che questo vale per la cultura delle donne in generale. Vedo la cultura delle donne, la loro religione e la cultura del sacro come un solco parallelo nella maggior parte dei luoghi del mondo. Gli uomini seguono la propria religione che potrebbe essere Islam, Buddismo, Induismo o qualunque altra mentre le donne continuiano a fare quello che facevano una volta. Viene tramandato attraverso le donne, rimane con le donne a meno che non venga distrutto.

Pina Piccolo In quelle società ciò che fanno le donne è più importante di quello che fanno gli uomini?

Vicki Noble: No, no, niente affatto, è veramente egalitario come sistema, ma le donne sono probabilmente più centrali al processo decisionale. Le donne governano in maniera organica, attingendo alla loro autorevolezza naturale di madre. In questo senso detengono un maggior potere a livello di percezione altrui, ma non credo che nessuna delle donne o degli uomini appartenenti a una cultura matriarcale ce l’abbiano mai descritto in questo modo. È molto interessante dal punto di vista dei costumi sociali: molte ricerche sui Mosuo hanno tratto spunto dalla loro diversità rispetto all’istituto matrimoniale. Nella loro società non esiste la parola per matrimonio, non c’è la parola marito, non c’è neppure la parola padre in quanto tale istituto sociale o culturale non esiste.  Esiste invece la casa della madre, la madre, la nonna, i figli e il nucleo  famigliare materno. Appena arriva il menarche alle ragazze viene assegnata una stanza chiamata la loro “stanza del fiore” lì ricevono i loro amati secondo la loro volontà. I fratelli vivono nella famiglia materna per tutta la vita, come le sorelle, tutti abitano in questa famiglia allargata per tutta la vita. Man mano che crescono e diventano donne, la notte le figlie continuano a ricevere le visite di maschi appartenenti ad altri nuclei famigliari. Gli antropologi cinesi hanno chiamato questo sistema “matrimonio ambulante”, sebbene questa non sia la definizione che ne danno i Mosuo, che lo chiamano invece ”visitare gli amici”. Il ragazzo o l’uomo viene la sera e se ne va la mattina, il resto del tempo vive con la famiglia materna e il suo lavoro produttivo va a beneficio di questo nucleo famigliare. Infatti, i maschi svolgono anche i compiti di accudimento e mantenimento dei bambini all’interno della famiglia materna (cioè aiutano ad allevare i figli delle sorelle). Quindi non esistono matrimoni, abusi domestici, figli illegittimi in quanto i figli nel loro insieme appartengono al nucleo famigliare materno, nessuno si preoccupa di chi ne sia il padre e così facendo si evitano tanti problemi. È dal 2003, da quando vado ai Convegni sul matriarcato, che parlo ai miei studenti di questo modello famigliare diverso e allo stesso tempo propongo anche il discorso sulle Amazzoni.  Un tempo si pensava che la parola Amazzone significasse “senza seno”, ma in realtà significa “donna senza marito”. Sono convinta che le Amazzoni fossero società matriarcali che raccoglievano i residui di tribù antiche matriarcali. Esse continuavano a vivere secondo una struttura di clan matriarcale e provenivano un po’ da tutto il mondo, non solo dalla Cina o dalla Vecchia Europa.  Quando le tribù vicine, come gli Sciti o i Sarmati, ne venivano a contatto naturalmente le chiamavano “quelle senza marito” perché era quella la caratteristica che le distingueva. Le tribù patriarcali aderivano all’istituto del matrimonio ed era centrale al loro modo di vivere. Nel 2006 infatti ho pubblicato un intero saggio su questo argomento intitolato “From Priestess to Bride” (Da sacerdotessa a  sposa) che fa parte del libro The Rules of Mars (Le regole di Marte) a cura di Cristina Biaggi, perché mi sono resa conto che tutti gli accessori e le attrezzature delle sacerdotesse erano stati sovraimposti sulla sposa e il suo seguito.  Le sacerdotesse venivano seppellite insieme a certi loro accessori e le spose tuttora indossano gli stessi accessori durante le cerimonie di nozze. 

05/11/2007