da Liberazione del 21 Dicembre 2004

Femminismo, c'è bisogno di un ricambio

di
Paola Di Cori


Berthe Morisot




Il femminismo italiano è silenzioso o loquace? E se dice qualcosa, di che parla? Tre interventi pubblicati su "Liberazione" nei giorni scorsi hanno risposto in maniere differenti a queste domande, e vale la pena di raccogliere l'implicito invito a una discussione.
Per Lea Melandri, che ha aperto il dibattito, il problema è che si tace di quanto è veramente importante nelle vite di uomini e donne - della sessualità, della malattie, della morte, dei rapporti delle donne tra loro e con gli uomini. I diversi 'femminismi' esistenti, per paura di suscitare inevitabili conflitti e collisioni, non si confrontano più, oppure si esprimono ciascuno in isolamento dall'altro, e in maniera episodica. Dal canto suo, Letizia Paolozzi è invece ottimista sulla avvenuta fermentazione del femminismo; "certe idee si sono messe in circolo", scrive - e trova segnali incoraggianti in alcuni episodi della cronaca nera e rosa (il caso Lecciso). La terza intervenuta, Eleonora Cirant, esprime un punto di vista ancora diverso, e sottolinea che una delle principali difficoltà è data dal fatto che "oggi più che mai, ogni aspetto della relazione e delle differenze fra i sessi è carico di ambivalenze".

Si tratta di posizioni che in qualche misura si possono condividere tutte e tre, non essendo in netta contrapposizione l'una con l'altra; ma personalmente è con Eleonora che sento maggiori elementi di condivisione, anche se non posso purtroppo scrivere, come lei, "andavo all'asilo quando il femminismo era un movimento di massa", visto che, anno più anno meno, appartengo alla stessa generazione di Lea e di Letizia. Il mio problema, tuttavia, non è soltanto quello di un eccessivo silenzio da lamentare, o di una disseminazione anche positiva di cui prendere atto. Ciò che mi preoccupa è invece qualcosa d'altro: la scarsa varietà e originalità delle voci che si ascoltano; l'esistenza di una situazione di squilibrio nella cacofonia generalizzata che circonda e invade le nostre vite.

Non è tanto il silenzio a disturbarmi, e neanche il cicaleccio di cronaca. Ciò che è veramente sconvolgente è lo scarso numero di coloro che si confrontano. Come negare che da molti anni le firme, i volti e i corpi nei media sono sempre gli stessi? Che sono quasi inesistenti le riviste su cui si può scrivere e discutere di femminismo a un livello che non sia quello della mera cronaca o degli specialismi disciplinari? Che sono solo alcune posizioni a prevalere, le quali nel corso degli anni hanno finito per creare un clima di monotonia e uniformità, dove o si è omologhe oppure si è fuori? Le poche voci che un tempo salutavamo come liberatorie e creative, ora sembrano diventate dogmatiche, autoritarie, e francamente assai poco condivisibili; ma ciò che è peggio indifferenti ai bisogni di orientamento delle nuove generazioni, e quindi profondamente autoreferenziali.
Nel corso degli ultimi mesi ci sono state diverse questioni di cruciale importanza per chiunque (donne, uomini, giovani e meno giovani, legate al femminismo oppure no) cercasse di interpretare la realtà di un mondo ormai in guerra permanente, di "vite precarie" come le ha felicemente definite Judith Butler, di una realtà quotidiana dove le donne continuano a pagare prezzi di emarginazione e violenze troppo alti. Per nominare soltanto i temi principali, mi limito a ricordare: il problema del velo nelle scuole pubbliche; le sconvolgenti immagini sulle torture inflitte ai prigionieri di Abu Ghraib, tra gli altri, anche da parte di alcune soldatesse dell'esercito USA; la lettera del cardinale Ratzinger sulla "Collaborazione dell'uomo e della donna" in cui si deprecava la nascita di "un modello nuovo di sessualità polimorfa"'; last but not least, la legge sulla fecondazione assistita.

Sono tutti aspetti intorno ai quali sarebbe stato indispensabile poter contare su luoghi di confronto aperti, fornire argomentazioni a favore e contro le diverse posizioni; ma dal punto di vista che qui ci interessa - quello di coloro che si sono espresse anche implicitamente a nome del femminismo - era importante fornire almeno una piattaforma di considerazioni su cui era possibile far convergere interessi diversificati; in breve: offrire qualche strumento più raffinato di riflessione e di lettura della realtà. Come noto, su questi argomenti si sono avute opinioni sparse e, a proposito della lettera di Ratzinger, perfino una presa di posizione favorevole da parte del gruppo della Libreria di Milano, che ha gettato molte donne italiane nello sconforto, solo in parte corretto dagli ottimi articoli di Lea Melandri e di Rossana Rossanda sul "Manifesto" di fine estate. E poi, di nuovo il silenzio; di nuovo il mormorio di sottofondo; di nuovo le ambivalenze… Le pagine dei quotidiani hanno ospitato le solite firme, in massima parte di cinquanta/sessantenni di ambo i sessi; e tra le giovani il disorientamento è stato totale. Per meglio dire; c'è stato un ulteriore senso di distacco ed estraneità, il nostro peggior nemico. Non si può dire infatti né che ci sia stato silenzio totale, né che si sia ascoltato un confortevole e incoraggiante brusio. Sui temi sopra elencati, in effetti, alcune femministe (e qualche uomo) sono intervenute in televisione, e hanno scritto su quotidiani e settimanali. Le domanda da sollevare a questo punto sono: quali donne? Come mai da tanti anni sono sempre e soltanto le stesse? Forse che sono poche quelle che pensano qualcosa, o che scrivono in una prosa pubblicabile?
Per chi insegna, come me, è una fatica da Sisifo riuscire a comunicare sul femminismo con donne giovani ansiose di chiarimenti, per sottolineare le coerenze nei luoghi in cui non si vedono, ed evidenziare le contraddizioni là dove rimangono nascoste, invitandole a essere autonome, non a seguire le mie idee.

Forse è arrivato il momento di scuotersi di dosso silenzi, luoghi comuni e disorientamenti; è ora di far ascoltare voci nuove e più giovani, di invitare non solo a un salutare cambio generazionale, ma ancor di più a un mutamento di stile nel confronto pubblico sulle questioni cruciali che il femminismo ha posto ormai da decenni e che continuano a essere al centro delle nostre vite - la sessualità, la violenza, la morte, le diseguaglianze, i diritti, il lavoro…e naturalmente il potere.