Un gruppo
di donne che potrei definire femministe per via della loro storia politica,
si è incontrato a Bologna. A pesare e a motivare lincontro
stesso, il sussulto per la giornata organizzata dal Cespe intorno al tema
Biotecnologie e welfare.
In quella giornata al corpo femminile (e allintelligenza delle donne
) gli organizzatori si erano riferiti esclusivamente invitando le signore
a sedersi, ad ascoltare. Meglio se silenziose.
Tuttavia, quel convegno non è stato che la spia di una situazione
più generale. Libri sulla storia dItalia con saggi unicamente
maschili; giornate internazionali sui media dove ha discusso il fiore
(virile) della sociologia della comunicazione.
Qualcuna
ha parlato di scacco. Ma questo non ha portato a agitare la fiaccola femminista.
Lidea non era quella di tenere un controconvegno o denunciare lo
strapotere dei maschi. E neppure di rivendicare pari opportunità
a vantaggio di intellettuali di sesso femminile. Oppure, una maggiore
visibilità per donne che molto hanno lavorato e si sono affermate
in campi diversi della cultura, dei saperi. Il cuore del problema non
stava lì. Piuttosto si è messo a suonare un campanello dallarme.
Che significa questa che io chiamerei svista, o strabismo per cui un sesso,
cosiddetto forte, esclude quello cosiddetto debole (ma che debole, se
mai lo è stato, non è più)?
Già. Che significa?
Forse è un segno della crisi della politica che si avvita su se
stessa nel mentre applica soluzioni violente o semplificate o insensate,
dice qualcuna.
Altre insistono sul separatismo maschile inconsapevole, sulla
sopraffazione inconscia, sulla coazione a ripetere, sulla incuria degli
organizzatori: vai a sapere. Certo, il fenomeno dellesclusione femminile
ha del paradossale se osserviamo, appunto, che oggi ci sono molte più
scienziate, magistrate, avvocate, architette che nel passato. Molte più
competenze adesso di venti o trentanni fa.
Eppure, le donne rischiano di scomparire. Non dietro un velo, un chador,
un burqa. Come ordinano Bin Laden, o i tagliagole del nord dellAfghanistan
o la religione sciita o qualche moda occidentale incautamente inspirata
alla sharia . Macché. Qui, le donne scompaiono dai luoghi istituzionali,
dalle università, dai seminari, dibattiti. Succede dove si agitano
piccole e grandi consorterie, dove si addensa un po di potere, dove
la competizione è forte?
Naturalmente, anche le donne hanno le loro responsabilità. Conosco
chi ha perso la pazienza. Non mi vuoi? Allora non mi meriti. Altre non
intendono partecipare alle sfide tra maschi; altre ancora non hanno interesse
a discutere le loro pratiche politiche assieme agli uomini.
Una potrebbe dire: va bene così. Gli uomini con gli uomini; le
donne con le donne. Ci si incontra per fare un bambino, per mettere sù
famiglia. Magari per il pranzo di Natale. Peccato che in questo modo la
realtà non si modifica. Anzi, con linterdizione di un sesso,
senza un tessuto di relazioni, la realtà si impoverisce. E si impoverisce
la cultura, il linguaggio. La politica. Che cosè, daltronde,
se non una prova di questo impoverimento la follia di una legge orrenda
come quella sulla procreazione assistita?
A Bologna il tentativo è stato, intanto, di ricominciare a nominare
gli ostacoli. Provare a fare rete tra pratiche politiche. Mettere in campo
i saperi. Ci sono stati contributi, tra le altre, di Maria Luisa
Boccia, Gabriella Bonacchi, Caterina Botti, Maria Grazia Campari, Elena
Del Grosso, Maddalena Gasparini, Marina Graziosi,
Paola Melchiori, Lea Melandri, Grazia Negrin,
Antonella Picchio, Tamar Pitch, Monica Toraldo di Francia, Monica Soldano,
Anna Rollier, Ines Valanzuolo, Milli Virgilio, Grazia Zuffa,
Forse ci
saranno altri incontri. Eventualmente, una pubblicazione-galateo sui cattivi
e (ci auguriamo) sui buoni rapporti tra uomini e donne.
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