Contro gli stereotipi, per trasformare la politica

di Bianca Pomeranzi

 

Il libro di Francesca Molfino Donne, Politica e Stereotipi: perché l’ovvio non cambia? esce in un momento quanto mai opportuno: prima delle elezioni che ci dovranno liberare del regime mediatico-istituzionale che ha angustiato la vita delle donne in Italia per ormai troppi anni e dopo il riaffacciarsi nello spazio pubblico di un movimento che intende aprire con forza una nuova fase nella politica delle donne e degli uomini.

L’autrice, interrogandosi sugli stereotipi di genere come strato “roccioso” della differenza sessuale, utilizza molteplici approcci disciplinari per l’interpretazione della realtà italiana. Per far questo tiene conto da un lato dei dati dell’analisi sociologica, come ad esempio i risultati di una ricerca europea sugli ostacoli che gli stereotipi di genere oppongono alla partecipazione delle donne ai ruoli decisionali e alla politica in Lettonia, Estonia, Danimarca e Italia, e dall’altro delle scienze della comunicazione e della semiotica, come gli studi sulla rappresentazione femminile in tv.

Infatti, nel libro vi è l’inserimento di un interessantissimo studio di Anna Maria Lo Russo sulla rappresentazione delle donne politiche nell’arena televisiva. Allo stesso modo e con grande dovizia fornisce una analisi storica sulla rappresentanza femminile in Italia dalle origini alle elezioni europee del 2004 e le Amministrative del 2005. Quasi “en passant” si citano il piccolo incremento sulla media della presenza delle donne nelle elezioni regionali, ora del 11,39%, dovuto principalmente alle liste del centrosinistra, a fronte di un 9,89% nazionale e il ritardo italiano rispetto alla media europea che è del 25% e a quella mondiale che è del 15%.

Tuttavia non è questo il campo di analisi privilegiato dall’autrice che è psicanalista e femminista. Il “cuore” della pubblicazione sta tutto nell’analisi culturale, con forte segno psicanalitico, delle interviste a una serie molto ricca di rappresentanti parlamentari e di giornaliste italiane che si occupano di politica.

Da qui nasce la domanda sullo strato roccioso rappresentato dall’analisi degli stereotipi. In quanto la stragrande maggioranza delle intervistate, tra cui ci sono alcune donne con un percorso decisamente femminista come Franca Chiaromonte, Elettra Deiana, Mariella Gramaglia e Giovanna Grignaffini, tende a identificare la politica come passione, collegandola alla realizzazione di istanze fortemente ideali e nello stesso tempo inserendola in una visione legata ai sentimenti e alla soggettività.

Il sospetto dell’autrice è che dietro a queste dichiarazioni, peraltro oneste da parte di chi le ha fatte, vi sia il permanere di uno stereotipo, condiviso da uomini e donne, che attribuisce una maggiore valenza etica alle donne che sono abituate al lavoro di cura e alla custodia degli affetti. Fino a qui non ci sarebbe nulla di male se il permanere degli stereotipi non mettesse in luce un processo di ripetizione, peraltro esaltato dai media per comunicare con il maggior numero di persone possibile, e di rimozione.

Dice Molfino, citando Freud e Deleuze, che gli stereotipi sono stati necessari per dare come risolto il «mistero della differenza sessuale», per riuscire a fare pensare delle diversità che non si conoscevano. Quindi ne deduce che gli stereotipi rappresentano una delle zone di resistenza al cambiamento più occulte e pericolose, soprattutto per una realtà come quella italiana dove «rispetto ad altri paesi europei colpisce la quasi assoluta impermeabilità delle istituzioni alle tematiche del genere e del femminismo».

Molto esplicitamente l’autrice chiama in causa la religione cattolica che si illude di conoscere cosa sia effettivamente la differenza sessuale e che così facendo mantiene e nutre lo strato roccioso e l’immutabile dell’ovvio. In questo c’è un esplicito riferimento alla “Lettera ai Vescovi” dell’allora cardinale Ratzinger. Molfino tuttavia non polemizza con nessuno, procede per la sua strada fornendo alle lettrici e ai lettori strumenti interpretativi della realtà che derivano dalle discipline sopraccitate.

In questo lavoro, tutto positivo, tende a collegarsi con altre autrici della cultura femminista europea e italiana come Braidotti e Boccia per ciò che concerne la “politicità” della costruzione della differenza sessuale. Infatti sia la Braidotti di Metamorfosi che la Boccia di Una Differenza Politica sono consapevoli che l’autonomia delle donne richiede una profonda distanza dai modelli socialmente imposti, anche a livello inconscio.

Il contributo di Molfino al sapere delle donne si dispone dunque su questo piano che costituisce da molti anni il suo specifico campo di esperienza femminista. Di questo gliene siamo grate perché in questa fase, in cui occorre una profonda trasformazione della politica, la capacità di tenere insieme il livello delle istituzioni con la cultura femminista costituisce un prezioso contributo per tutte le donne. Soprattutto siamo grate all’autrice per la sua capacità di comporre un libro a lettura multipla dove la parte informativa e quella analitica rendono accessibile a tutti la comprensione della vicenda politica che si vuole analizzare.

Insomma un libro femminista, ma dedicato anche ai giovani, agli uomini e alle donne che intendono saperne di più sulla “anomalia italiana” della rappresentanza e della rappresentazione delle donne in politica. In questa capacità di Francesca Molfino si riconosce un percorso comune a molta parte del femminismo “romano” che ha avuto sin dalle origini una vocazione al confronto con la politica istituzionale e che per questo è stato giudicato da alcune, in passato, troppo legato allo spontaneismo degli anni Settanta.

Oggi, tuttavia, la capacità di analizzare la contemporaneità sapendo coniugare il partire da sé, ovvero il punto di vista singolare, con gli strumenti e i dati che parlano di una dimensione collettiva, è da considerare in parte anche una derivazione di quelle pratiche politiche che l’autrice contribuì a realizzare. Probabilmente quell’esperienza torna anche nell’esplicito interesse a collegare l’analisi degli stereotipi con la necessità di aprire una nuova fase politica in cui femminismo e politica “istituzionale” siano capaci di dialogare per la trasformazione del senso della politica tout court.

Infatti, il messaggio chiaro del libro è che il salto di civiltà, ormai necessario all’umanità, non si può costruire senza l’agire delle donne su tutti i livelli di esperienza.

 

Francesca Molfino
Donne, Politica e Stereotipi: perché l’ovvio non cambia?

Baldini Castoldi Dalai editore, 2006
pp. 360, euro 14,00

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 16 febbraio 2006