Claudia Alemani, M.Cristina Fedrigotti, Donne e nonne. I volti di un ruolo sociale
Tra pochi giorni arriva il papa a Milano per celebrare la giornata della famiglia. E la cosa ci riguarda perchè parlare di Famiglia -al singolare e con la lettera maiuscola- è un'operazione ideologica. Dato che non esiste la famiglia, esistono le famiglie, che si aggregano e si ricompongono, diverse nel tempo e nello spazio: anche la medesima singola famiglia varia nel tempo. L'operazione ideologica che viene fatta costruendo la cattedrale della Famiglia (singolare, maiuscola) è diretta contro le famiglie reali e nello specifico contro le donne. La cosa migliore per combattere l'ideologia è guardare alla realtà: i ruoli sono cambiati nei fatti mentre l'immagine diffusa rimane la stessa del passato: la nonna di Cappuccetto Rosso non abita più qui. Una nonna che vive nel bosco, fuori dal contesto sociale, priva di assistenza in caso di malattia e che si fa divorare dal lupo senza un grido, senza una minima resistenza. Proprio no, non c'è più. Questo libro basato su una inchiesta che ha coinvolto 20 donne in qualità di nonne, apre una finestra sul nuovo panorama di quali nonne invece ci sono oggi: “sono una nonna inattesa, sicuramente strana” dice un'intervistata; si tratta di nonne che magari accudiscono nipoti da un capo all'altro dell'Europa, e soprattutto nonne che si interrogano sul loro ruolo: c'è la consapevolezza di “essere una generazione che deve inventare sulla nostra pelle anche il modo di fare la nonna”.
Maternità e nonnità – anni '70 e anni '10 Quando ero ragazza quasi mi vergognavo di essere mamma, certo non lo sbandieravo con le mie amiche, più o meno femministe che fossero. Anche quando ci si trovava fuori da scuola a prendere i bimbi, si parlava d'altro: eravamo tutte un po' mamme nostro malgrado. Un intero capitolo qui è dedicato alle “Madri distratte” che sono state queste donne: un dato generazionale che un'intervistata dice bene: “io con la testa ero sempre da un'altra parte”. In fondo negli anni '70 (del movimento femminista di allora le autrici propongono una breve ma efficace sintesi) la maternità è stata più rifiutata che indagata, ora c'è più attenzione al problema da parte del pensiero delle donne. Cito come posizione radicale che ha ri-aperto lodevolmente il dibattito il libro di Elisabeth Badinter, Le conflit. La femme e la mère (Flammarion, 2010) tradotto da noi con il titolo Mamme cattivissime? (Corbaccio, 2011) Un titolo che indica il disagio di affrontare le contraddizioni dell'essere madri, anche solo nominarle, le contraddizioni, il conflitto insito nella maternità, sembra impossibile da noi e si ricorre a un giudizio negativo appena mitigato dal punto interrogativo. Il fantasma della madre pellicano aleggia ancora e sembra anzi vitale più che mai. “Sono le prime donne che da tempo devono confrontarsi con gli stereotipi e le pressioni sociali più duri a morire, quelli che spingono ancora come “naturale” l'associazione tra donne e cura” La cura, abbiamo visto nella ricerca del gruppo scrittura Pensare la cura curare il pensiero e poi nel Convegno "Cura/lavoro: piacere e responsabilità del vivere", è il regno dell'ambiguità, niente di naturale e di lineare, nessun destino femminile, ma un addensarsi di contraddizioni, sociali e emotive. Vincolo subordinante e insieme fattore di potere. Se la maternità faceva e fa problema, la “nonnità” sembra non porne. Se ero madre, mio malgrado, ora mi presento volentieri come nonna: come mai? Qualche risposta l'ho trovata in questo libro, perché parlano altre nonne orgogliose e contente di esserlo, e di essere disponibili a dedicare il loro tempo ai nipoti. Non tutto il tempo, però: c'è la preoccupazione di mantenere, come quando erano madri, del tempo per sé. “non voglio che invada troppo la mia vita. Voglio mantenere le mie libertà” dice una intervistata. Ancora una volta la concretezza delle vite interroga l'ideologia, anche quella femminista – se esiste una tentazione ideologica nel femminismo- e le vite sono complesse : quando i figli sono adulti il ruolo materno come si declina?
E' come se l'introduzione di nuovi attori sulla scena familiare, l'intrecciarsi alla coppia “originaria” di altre coppie, e soprattutto il sopraggiungere di una terza generazione, permettesse di vedere dei nodi che erano rimasti nascosti nella nebbia del rapporto fusionale madre/figlia, e anche madre/figlio. Sulla scena ora ci sono molti più personaggi. Con i nipoti c'è di mezzo anche il compagno/a del figlio e poi c'è l'altra coppia di nonni, o più coppie nel caso delle famiglie ricomposte (il nonno putativo, la nonna per scelta) insomma una molteplicità che è difficile tralasciare. Questo fa bene alla relazione: è più libera. La molteplicità, lo spostamento è creativo, la triangolazione innesca il movimento. Il rapporto con un figlio è troppo stretto per poter vedere una serie di implicazioni che emergono, invece, con i nipoti, con cui il rapporto è più aperto, meno diretto.
La gratificazione di essere nonna E' un'esperienza del corpo e della mente, delle relazioni e degli affetti che dà una diversa percezione di sé. Non ci si percepisce come l'individuo singolo e astratto assoluto, libero da legami e, per ciò, al vertice della propria libertà, quella concezione di individuo che è alla base del pensiero filosofico ed economico borghese (scusate se uso questo aggettivo così vetero, così sessantottino, ma non trovo una definizione più moderna altrettanto calzante). Ci si percepisce come individuo inserito in un ciclo di relazioni generazionali, che ha una radicalità maggiore di quella con i figli: colloca la propria singolarità in una rete che attraversa il tempo.
Nota politica a margine Quando si ha a che fare con i bambini, ci si rende conto che, se l'attenzione ai piccoli è una cartina di tornasole della civiltà di una società, siamo davvero messi male; anche da qui si vede quanto. E' vero che ora ci sono parchi giochi in molte piazze milanesi, ma né le strade, né i mezzi pubblici, né la pubblicità prestano la minima attenzione all'esistenza dei bambini. Di conseguenza anche la gente non li vede. E' strano sembra ci sia una proporzione inversa tra uso dell'immagine infantile per muovere a commozione nei media e cancellazione delle esigenze infantili nella realtà: fuori dalla tv i bimbi scompaiono. E soprattutto non c'è attenzione alla dimensione culturale dei modelli educativi che una società propone ai suoi piccoli: “Nonna, perché fa vedere le mutande?” sotto un cartellone gigante di pubblicità “Nonna, perché la regina ha la corona più piccola?” davanti una coppia regale di burattini Per questo aspetto credo che queste nonne avrebbero da farsi sentire molto di più di quello che fanno. Credo sia possibile per questa generazione di donne-nonne arrivare a una dimensione politica della relazione con i bimbi, non limitarsi solo al livello personale, individuale.
Claudia Alemani, M.Cristina Fedrigotti, 23-05-2012
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