Donne di scienza dall' antichità ai giorni nostri
                 
                di Sara Sesti
        
        
          
        
         
        Le 
          donne e la scienza hanno proceduto nel passato su cammini distanti di 
          cui per lungo tempo la storia ha ritardato l'incontro. Due dati sono 
          sufficienti a dar conto di questa difficoltà: le 
          scienziate insignite 
          del premio Nobel  fino al 2023 sono solo 28, (economiste comprese) e il numero di donne 
          cui vengono affidati ruoli di rilievo nella ricerca e nelle istituzioni 
          è ancora molto esiguo, malgrado da anni gli istituti scientifici 
          delle università siano frequentati soprattutto da ragazze nonostante 
          la popolazione femminile con titolo di studio superiore abbia toccato 
          nel nostro secolo percentuali sempre più alte. E' lecito chiedersi i motivi di queste disparità che non dipendono dal fatto che le donne siano meno dotate dei colleghi, ma perché il  talento può emergere solo a parità di condizioni: una situazione ch nel passato, non si è verificata e che stenta a realizzarsi anche oggi. 
          
Il 2009 è stato un anno record per la storia del Premio Nobel, istituito nel 1901. Non era mai successo prima che nello stesso anno cinque   donne ricevessero il prestigioso premio: quattro per le scienze e uno per la letteratura. Le ricercatrici Elizabeth Blackburn e  Carol Greider, sono state premiate insieme  per la medicina e   Ada Yonath per la chimica. Un record che si aggiunge ad un'altra   novità: per la prima volta da quando è nato il Nobel per l'economia, il riconoscimento è stato assegnato ad una   donna, la statunitense Elinor Awan - Ostrom. Nel 2019 è arrivato il secondo Nobel per l'economia, ricevuto da Esther Duflo e nel 2023 a Claudia Colin.  Anne L'Huiller ha ricevuto il quarto Nobel per la fisica nel 2023; Jennifer  Doudna e Emmanuelle Charpentier nel 2020  e Carolyn Bertozzi nel 2022   hanno portato a otto il numero delle premiate per la Chimica, Mary Brukow a 14 il numero delle Nobel per la Medicina nel 2025. 
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           Come 
          spiegare i motivi della scarsa presenza femminile nella storia della 
          scienza, le defezioni che si verificano alla fine della carriera scolastica 
          o gli steccati nelle discipline eccellenti? Per rispondere 
          a queste domande mi rifarò agli esiti di una indagine del Centro 
          Eleusi  Pristem dell'Università Bocconi di Milano avviata 
          nel 1997, che io stessa ho coordinato e che ha già prodotto due 
          momenti di sintesi: la mostra itinerante Scienziate d'Occidente. 
          Due secoli di storia sulla presenza delle donne nelle 
          cosiddette discipline dure a partire dalla seconda metà dell'Ottocento 
        e il libro  Scienziate nel tempo" che, nelle sue successive edizioni, ha ampliato la ricerca.
        Obiettivi 
          della ricerca
          
          Un biettivo della ricerca è stato quello di dare visibilità 
          alle scienziate, di mostrarne i visi e l'aspetto fisico per strapparle 
          dall'anonimato. Sono state privilegiate studiose le cui opere e scelte 
          di vita sono sembrate particolarmente indicative di un modo di stare 
          nella scienza - da Teano di Crotone, moglie di Pitagora, matematica 
          e filosofa del VI secolo a.C., fino a Vandana Shiva, 
          fisica indiana che ha fondato un movimento contro le manipolazioni genetiche 
          - o che sono state significative per la storia delle donne più 
          in generale come la fisica serba Mileva Maric, 
          che visse una vita difficile all'ombra del marito Albert Einstein o 
          l'avventurosa Maria Sibylla Merian, pittrice 
          ed entomologa tedesca vissuta nel Seicento, che all'età di 52 
          anni, lasciato un noioso marito, partì per la Guiana Olandese 
          con le figlie per completare le sue ricerche sulle metamorfosi degli 
          insetti.
          
          Alcuni risultati
          
          Sono soprattutto le vicende delle scienziate vissute fino all'Ottocento, 
          quando alle donne era negata un'istruzione adeguata, quelle che rivelano 
          alcune costanti rispetto al ruolo che la società ha avuto nei 
          loro confronti. Nelle biografie delle donne che si sono affermate si 
          nota la presenza di una figura maschile molto importante, un marito, 
          un tutore, un padre o un fratello accanto ad una fanciulla particolarmente 
          dotata. 
          Le coppie più famose sono quelle formate dalla matematica Ipazia e dal padre Teone, dall'astronoma 
          Caroline Herchel e dal fratello William o dai coniugi Lavoisier, fondatori 
          della chimica moderna. 
          
          Un'altra costante è l'attenzione molto viva per le poche donne 
          che si imponevano in virtù delle proprie capacità e quella 
          altrettanto sollecita ad impedire che il fenomeno si estendesse, escludendole 
          per esempio dalle università e dalle accademie. La matematica 
          Maria Gaetana Agnesi, bambina prodigio vissuta nel Settecento, dall'età 
          di 9 anni veniva esibita dal padre nella casa milanese, alla presenza 
          di intellettuali locali o di passaggio e si confrontava con loro su 
          temi filosofici e matematici, rispondendo a ciascuno nella sua lingua 
          - ne parlava sei  ma doveva studiare con istitutori privati. 
          
          Si osserva infine la caduta a picco della memoria storica riguardo alle 
          donne di scienza e al loro operato, un fenomeno favorito dal fatto che 
          quasi sempre, per essere prese in considerazione, dovevano pubblicare 
          col nome dei mariti o con uno pseudonimo maschile e perciò, spesso 
          le loro opere venivano attribuite ai maestri. Sophie Germain nell'Ottocento 
          si firmava " Monsieur Le Blanc" per poter comunicare con la comunità 
          dei matematici. Paradossale è la vicenda di Trotula 
            de Ruggiero, medico medievale della rinomata Scuola delle Mulieres Salernitanae. 
          Nonostante firmasse le sue opere col proprio nome, nelle trascrizioni 
          successive questo diventò "Trottus" forse perchè qualche zelante copista ritenne  impossibile che una donna avesse delle competenze in campo medico. 
        L'apertura delle università
          
            E' stata l'apertura delle università alle donne, avvenuta 
          per la prima volta nel 1867 all'Ecole Politecnique di Zurigo e in seguito negli atenei degli altri Paesi 
          europei, a segnare una svolta, indicando il momento in cui il contributo 
          femminile alla ricerca scientifica ha potuto estendersi in tutte le 
          direzioni. Prima di allora solo le Università italiane avevano 
          insignito di un titolo accademico, ma in via eccezionale, alcune donne 
          ritenute speciali come la nobile veneziana Elena Cornaro Piscopia che 
          fu la prima al mondo ad ottenere una laurea, attribuitale dall'Università 
          di Padova, in filosofia, nel 1678. 
        
        Caratteristiche comuni alle donne di scienza 
          
  Dalle storie delle scienziate non emergono invece costanti importanti 
          riguardo alle loro capacità personali o al loro modo di essere. 
          Non si ritrova uno stereotipo di scienziata, tantomeno quello 
          tramandato dalla letteratura romantica di una donna poco femminile, 
            troppo di testa e quindi poco di cuore, a volte stravagante e magari 
            un po' ridicola. Le caratteristiche comuni mi sembrano di altra 
          natura: da sempre le donne si sono riservate il campo della divulgazione 
          (vera maestra è Margherita Hack) 
          e più recentemente tale vocazione si esprime affiancando all'attività 
          di ricerca quella didattica. 
          
          Altre costanti sono state la pazienza e la tenacia nel condurre a termine 
          ricerche che, soprattutto prima dell'invenzione del calcolatore, richiedevano 
          lunghissimi tempi in calcoli precisi e laboriosi, oppure in tecniche 
          estenuanti e faticose, come ad esempio i lavori delle équipes 
          di solo donne che infaticabilmente e per decenni hanno lavorato ai due 
          più importanti cataloghi stellari dell'Ottocento: il catalogo 
          fotografico La Carte du Ciel e quello Fotometrico di Harvard.
          
          Un'altra costante ancora è stata la straordinaria sapienza nell'operatività 
          pratica, che spesso si è tradotta nella vera e propria invenzione 
          e costruzione di nuovi strumenti dal bagnomaria di Maria l'Ebrea la 
          più importante alchimista dell'antichità, fino alle apparecchiature 
          accurate della fisica nucleare Chien-Shiung 
            Wu, una delle ottantatre scienziate che hanno partecipato negli 
          anni Quaranta al Progetto Manhattan, il Programma segreto di Enrico Fermi per la costruzione della bomba atomica. 
          
          Le "grandi" della scienza 
          
          Le prerogative citate sopra: pazienza, tenacia, operatività 
          pratica, hanno una valenza ambigua e sembrano riduttive in quanto richiamano 
          qualità domestiche da sempre attribuite al femminile. 
          Però fanno risaltare, per contrasto, la genialità e il 
          ruolo eminente che alcune scienziate hanno ricoperto in diversi settori. 
          Basti ricordare Emmy Noether fondatrice dell'Algebra moderna, Sonja 
            Kovalevskaja prima donna docente in una università, Rosalind 
              Franklin che ha trovato le prove sperimentali della struttura a 
          doppia elica del DNA, Lise Meitner che 
          per prima ha interpretato correttamente il fenomeno della fissione nucleare 
          o la Nobel Barbara McClintock che con le 
          sue ricerche ha rivoluzionato la genetica classica lavorando con un 
          metodo definito da Evelyn Kox Keller sintonia con l'organismo, un modo di procedere molto diverso dal 
          classico paradigma dell'oggettività scientifica.
          
          Le pioniere 
          
          Le donne di scienza furono spesso presenti da pioniere in settori 
          nuovi o di frontiera della ricerca: la fondatrice dell'ecologia fu Ellen 
            Swallow nel 1870, ma il settore fu classificato allora come economia 
          domestica; la matematica Ada Byron, figlia 
          del famoso poeta, nell'Ottocento anticipò i principi organizzativi 
          del calcolo automatico moderno, le basi dell'informatica. Quando però 
          il nuovo campo si consolida, arrivano le istituzioni, il potere e i 
          soldi, le ricercatrici ne vengono estromesse o addirittura se ne auto-emarginano. 
          Come interpretare questa scelta negativa? E' dovuta alla scarsa attitudine 
          delle donne alla competizione? ad una non accettazione dei modi del 
          lavoro maschile? o al fatto che sono ancora molto penalizzate dal diverso 
          carico nella divisione del lavoro familiare?
        
        Le questioni aperte
          
          Non sono solo queste le domande ancora aperte sul rapporto delle donne 
          con la scienza. Alcune questioni ci sembrano irrisolte e crediamo importante 
          proporle alla discussione, in relazione alle trasformazioni avvenute, 
          per cercare delle possibili risposte. 
          
          La prima è se si possa 
            parlare di un genere della scienza, se esista cioè 
          un modo specifico delle donne di accostarsi al sapere scientifico, 
          la seconda se la presenza sempre maggiore delle donne nella ricerca 
            - le Facoltà di Biologia e di Medicina sono addirittura prevalentemente 
          femminili - possa fare qualcosa per migliorarla. 
          
          Chi risponde in modo negativo alla prima domanda ritiene che la 
          scienza sia solo un modello matematico della realtà e come tale 
          non abbia senso attribuirle un sesso, poiché si tratterebbe di 
          un pensiero che ha in sé i parametri della propria validità 
          ed è quindi indipendente da chi lo formula. Affermare invece 
          che esiste un approccio femminile alla scienza è 
          rischioso. Il rischio consiste nel dire banalità o nell'arrivare 
          a sostenere posizioni decisamente discutibili, come hanno fatto alcuni 
          movimenti femministi statunitensi o del mondo anglosassone, quando hanno 
          affermato che la scienza è contraria alla natura delle donne, 
          che urta la loro sensibilità e le ferisce, perché le donne 
          sono dalla parte della Natura e una cultura di dominio non può 
          essere per loro. 
          
          La nostra ricerca sembra indicare che si possa parlare di un approccio 
          femminile al sapere scientifico, almeno per due aspetti: le scienziate 
          danno più importanza al linguaggio cioè alla parola, al 
          modo di esprimere i contenuti delle ricerche e danno anche più 
          importanza alla tecnica, intesa sia come tecnologia che come pratica, 
          metodo, calcolo. Queste capacità, che non sono da ascrivere al 
          DNA o ai cromosomi, ma che sono legate alle condizioni in cui storicamente 
          le donne hanno operato, diventano adesso sempre più importanti.
          
          Le donne e la nuova scienza
          
          Prima di tentare una possibile risposta alla seconda domanda occorre 
          nominare alcuni dei cambiamenti intervenuti in ambito scientifico e 
          i problemi che ne sono derivati. La Fisica, che aveva raccolto grandissimi 
          investimenti sia di professionalità che di studi economici all'inizio 
          del secolo, ha ceduto il posto alla Biologia, che è diventata 
          il volto nuovo della scienza investendola di continue trasformazioni. 
          
          Se pensiamo che la scoperta della struttura del DNA è del 1953 
          e che nel 1976 già si facevano esprimenti di ingegneria 
          genetica, possiamo dire che dal punto di vista scientifico, il ventesimo 
          secolo è stato brevissimo e ci sembra che proprio la rapidità 
          dei cambiamenti sia il primo problema da affrontare perché spesso 
          la trasformazione non riesce ad essere accompagnata da una riflessione 
          adeguata da un punto di vista culturale ed epistemologico, cioè 
          della comprensione dei linguaggi e dei concetti. 
          
          Un altro problema è dato dal fatto che in tempi brevissimi le 
          trasformazioni si traducono in innovazioni tecnologiche che entrano 
          nel mercato per cui la scienza è pressata da interessi che sono 
          politici, economici e quindi è sollecitata a rispondere a domande 
          che non sono più solo quelle teoriche del sapere quali sono le 
          nuove frontiere della conoscenza, ma riguardano la capacità di 
          migliorare prodotti e mercati, la richiesta di essere i primi in un 
          certo settore tecnologico o strategico. 
          
          Gli interventi soprattutto nel settore della Biologia, dove ormai si 
          punta nella modifica del vivente all'innovazione anche per quanto riguarda 
          la terapia - non si pensa più al farmaco chimico di sintesi, 
          ma al prodotto biologico con cui curare i nostri mali - preoccupano 
          per quelli che possono essere i rischi dal punto di vista evolutivo, 
          di intervento sul vivente e sul mondo - rischi denunciati puntualmente 
          dalla scienziata indiana Vandana Shiva. 
          
          Molte 
          perplessità nascono, inoltre, per lo sconquasso che le ricerche 
          biologiche creano nella nostra cultura, nel nostro immaginario, nei 
          simboli con cui abbiamo fin qui elaborato il nostro rapporto con la 
          natura. L'idea che siamo noi a fabbricare il mondo vivente, ad agire 
          come dei e a modificare tutto sconvolge il mondo simbolico che riguarda 
          il nostro rapporto con piante ed animali e rispetto al passato non abbiamo 
          il tempo di accompagnare la trasformazione che stiamo operando con un 
          pensiero che ci renda sereni rispetto ai cambiamenti e consapevoli di 
          poterli governare. 
          
          Il contributo delle ricercatrici 
          
          Se torniamo alla seconda domanda: le donne, presenti in 
              grandissimo numero nella nuova scienza possano fare qualcosa per migliorarla?, 
          riteniamo che la risposta possa essere affermativa. La ricerca, per 
          come si sta svolgendo oggigiorno, non è un'attività eminentemente 
          teorica: c'è il contributo del pensiero, c'è un nucleo 
          profondo, duro, costituito dalla riflessione, dall'immaginazione e dallo 
          slancio teorico, ma tutto questo è agganciato ad un sociale economico 
          e politico che ormai pesa fortemente sulle direzioni della scienza. 
          
          Crediamo dunque che le donne possano avere un ruolo importante in quanto 
          si interrogano molto di più sul tipo di lavoro che stanno facendo, 
          si preoccupano del linguaggio, del trasferimento e della comunicazione 
          di quello che stanno studiando e questi sono certamente elementi che 
          possono portare un contributo di genere. L'attenzione a quello che facciamo 
          e alla comunicazione, sviluppata nella storia che abbiamo vissuto, diventa 
          adesso un elemento fondamentale perché il riuscire a porre domande, 
          a guadagnare tempi per la riflessione e parole per la comunicazione 
          implica assunzione di responsabilità nell'elaborare le forme 
          del nostro futuro e diventa certamente un valore aggiunto nella ricerca.
          
          La situazione italiana 
          
          Gli ultimi dati sulla relazione donne e scienza vengono dal testoFiglie 
              di Minerva. Primo rapporto sulle carriere feniminili negli enti pubblici 
              di ricerca italiani, una inchiesta coordinata da Rossella 
          Palomba, pubblicata da Franco Angeli. E' il risultato dell'indagine 
          di quattordici autrici, in prevalenza esperte di demografia e statistica, 
          partita dopo due riunioni avvenute a Bruxelles nel 1993 e nel 1998 tra 
          parlamentari, ministri e mezzo migliaio di ricercatrici europee. Incitate 
          dallo slogan della sociologa inglese Hilary Rose "No data, non 
            problem, no policy", le autrici, esperte di statistica e di 
          demografia come la stessa curatrice, hanno ottenuto l'appoggio del Cnr 
          e della Commissione per le pari opportunità e hanno raccolto 
          e analizzato dati con perizia, chiarezza e senza ideologia. 
        Le cifre 
          dimostrano che le istituzioni scientifiche nel valutare la bravura femminile e  quella maschile usano due pesi e due misure. Si è confermata  la tesi  di uno studio  pubblicato nel 1997 sulla rivista “Nature” dalle  microbiologhe  svedesi Agnes Wold   e   Christine Wenneras   che hanno dimostrato  come,  per ottenere promozioni pari a quelle di un  ricercatore, una ricercatrice debba essere 2,6 volte più brava. 
        Questa discriminazione  ha spinto le scienziate dell’Unione Europea del “Gruppo di Helsinkj” ad  elaborare il “Codice Minerva”, uno strumento, 
          approvato  nel 2005 e raccomandato  dalla Conferenza della Presidenza 
          Europea  nel 2006, per  aumentare la correttezza e la trasparenza nell’assunzione e nell’avanzamento di  carriera delle ricercatrici.
        Concludendo
        
          Continuare a discutere questi temi e documentare la presenza delle 
          ricercatrici mi sembra molto importante perché se il ruolo della 
          Storia ha una importanza formativa non solo a livello documentaristico, 
          ma anche nel sedimentare nelle persone una immagine di loro stesse, 
          allora per le donne, soprattutto per le più giovani, è 
          molto diverso credere di avere dietro di sé il vuoto nella scienza, 
          rispetto al sapere che c'è un passato, che ci sono delle antenate, 
          che quelle che si occupano di scienza non si affacciano su un mondo 
        totalmente maschile. 
         
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          17 - 10 - 2025 ultimo aggiornamento